Leggendo Capa di Ferro, l’ultimo lavoro di Guglielmo Campione ho fatto un interessantissimo viaggio nel Tempo e, contemporaneamente, ho fatto una esperienza di Antropologia Culturale che è stata illuminante.
Evitiamo fraintendimenti, io seguo il mio istinto che vivaddio è da uomo semplice ma avido di stimoli e di risposte a mille e mille domande.
Ed ecco che mi capita tra le mani “Capa di Ferro”.
Ebbene io, in quegli anni c’ero !
Ho riconosciuto luoghi, emozioni, passioni, riti iniziatici e meravigliosi quanto maldestri tentativi per diventare ADULTI.
E questo libro mi ha proposto un viaggio nel tempo, in "quel tempo" con la sua musica (si, la musica!),i suoi colori e odori che ho rivissuto mentre godevo delle storie che Campione racconta senza alcun compiacimento ma con poesia e, a mio parere, senza indugiare in nostalgia o malinconia che semmai lascia scaturire nel lettore se questo si riconosce in quelle storie e se è disposto a farsi cullare da esse.
Un libro che ě anche una esperienza di Antropologia Culturale perché, di fatto l’Autore racconta di “quel mondo”, della giovinezza della generazione anni ’60 che si è formata nel bene e nel male grazie a quella società, ai quei riti, a quel coraggio e quelle paure.
Io c’ero, in Sicilia a Catania, e posso testimoniare che il libro di Guglielmo Campione, benchě ambientato in Puglia, ci racconta perfettamente come siamo cresciuti in tutto il Sud.