RECENSIONE DEL ROMANZO "LA CANZONE CHE SALVÒ ARAX a cura di Vito Straziota

 





Ho letto con curiosità il romanzo di Guglielmo Campione, mio compagno di Liceo Classico al Q.Orazio Flacco di Bari , ma soprattutto fedele rievocatore dei comuni ricordi della trascorsa giovinezza Barese, ritrovandomi per incanto nella realtà descritta di quei tempi in cui noi adolescenti, a seconda delle passioni coltivate: suonavamo, “posavamo” e cercavamo di scoprire l’amore.


L’atmosfera è quella giusta ed i suoi personaggi, con le sfumature ironiche che li caratterizzano, sono uno spaccato dei diversi contesti familiari, dai quali si cercava di evadere per seguire le proprie emozioni ed aspirazioni.

Il pianeta femminile la faceva comunque da padrone ed era al centro della curiosa morbosità dei giovani inesperti quanto desiderosi di esplorarlo, giungendo quasi a ritualizzarlo per scoprire le più segrete vie per potervi accedere.


La puntuale memoria presente nel racconto ,dei quartieri della Città, dei personaggi conosciuti o semplicemente immaginati e dei luoghi frequentati, rappresenta l’ideale palcoscenico sul quale mostravamo ogni giorno della nostra giovinezza, il gioioso desiderio di vivere e conoscere il mondo.


Ma ancor più colpisce nel racconto, l’exursus storico del popolo Armeno, abilmente tratteggiato dall’Autore che ne coglie l’essenza, non mancando di risaltare la naturale vocazione all’accoglienza del capoluogo Pugliese, che costituisce da sempre crocevia internazionale e porto sicuro dove approdano uomini e donne in cerca di un futuro per i loro figli.


L’epilogo è proprio questo: una bella ragazza Armena che fugge dal suo passato e dalla violenza della terra natia, diventando subito protagonista ammirata ed ambita, per la sua bellezza misteriosa, tra suoi coetanei, prima di ritrovare la consapevolezza della realtà dalla quale nel finale viene bruscamente riassorbita.


Grazie Guglielmo, per questo gesto di amore verso Bari ed i suoi simboli, ma soprattutto per averci reso durante la lettura del Tuo libro, di nuovo protagonisti di momenti spensierati che all’epoca non coglievamo appieno, ma che ancora oggi restano impressi nei nostri cuori.



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Vito Straziota è nato a Bari il 6 settembre 1957, dove ha frequentato il Liceo Classico “Quinto Orazio Flacco”.

Vincitore di Concorso per l’ammissione all’Accademia della Guardia di Finanza, dopo i regolari Corsi Ordinari e di Applicazione, ha conseguito i Diplomi di Laurea in Scienze Politiche–indirizzo Internazionale –presso l’Università" La Sapienza” di Roma ed in Scienze della Sicurezza Economic– Finanziaria presso l’Università di Roma – Tor Vergata.

Durante la sua carriera, nel corso della quale è stato promosso Generale di Brigata, ha svolto molteplici incarichi operativi ed addestrativi presso i Reparti del Corpo dislocati in ambito nazionale.

Dal settembre del 2020 è in congedo e risiede in Abruzzo con la sua famiglia.

NUOVE GENERAZIONI E POESIA di Alessia Di Luzio

             
  


Che cos’è la poesia? 


Nel mondo in cui viviamo  esiste ?

Ci interessa ancora leggere un testo poetico quando siamo tutti concentrati sugli smartphone dove i messaggi vengono ridotti a semplici, tvb, mi manki, a dp ?

 Oggi giorno comunichiamo con gli short message, veloci, comodi e convenevoli a farci risparmiare tempo. 
“CVD NN HAI CPT QST TXT”, recitava a tutta pagina il testo di una campagna pubblicitaria diffusa attraverso i principali quotidiani italiani all’inizio del 2008: «per capire meglio il linguaggio di tuo figlio Vodafone ti offre la Guida all’uso responsabile del cellulare» (seguiva la traduzione del messaggio: «come volevasi dimostrare non hai capito questo testo!»). 

Siamo sicuramente più abituati a decodificare informazioni di questo genere che un testo poetico. 

Dunque parlare di poesia in questo momento parrebbe utopistico. 

Sembra quasi che la poesia non abbia più nulla da dire perché il suo linguaggio è incomprensibile ? 

E allora perché mai leggere poesie? 

Se il linguaggio è difficile, ricco di metafore e altre figure retoriche esso forse non può essere al passo coi tempi del linguaggio contemporaneo ?
 Non è ritenuta come un componimento moderno ma piuttosto antico e in disuso ? 
Forse perché non la conosciamo abbastanza?

 Quando ho chiesto ai miei alunni cosa fosse per loro la poesia sono rimasti zitti per dieci secondi, hanno cercato la risposta dentro di loro e poi qualcuno ha declamato che la poesia è espressione, è dire ciò che si sente, è quando parli d’amore, è un sentimento. 

Non avevo mai spiegato loro cosa fosse la poesia, lo hanno ripescato nell’inconscio. 

Dunque la poesia è insita in ogni uomo; 

Essa esiste, è in un posto che non sappiamo, un po’ come i sogni e nel momento opportuno ci tornano in mente e come i sogni ci nascondono tanti significati più profondi di cui non siamo subito a conoscenza. 

La poesia è dentro di noi quindi ed è più moderna  di quanto non lo siano gli sms, perchè sicuramente può darci le risposte che tante volte cerchiamo sui social e non troviamo. 

Ai ragazzi la poesia oggi si rivela soprattutto tramite le canzoni.

 La musica trap è la più in voga tra le giovani generazioni ed è una forma musicale dai ritmi rallentati che ipnotizza  e dove l’uso dell’elettronica è sempre presente. Le tematiche sono cupe e minacciose, relative al tema della droga, all’abuso di alcol, alla povertà, al disagio, alla criminalità, che oggi non fanno più paura. D'altronde i ragazzi di oggi sono nati in piena  globalizzazione, in cui il rispetto delle regole non esiste più. 
E proprio questa sregolatezza che è presente nei testi delle canzoni trap, dove i giovani si sentono dei supereroi con le loro magliette Vans e iper larghe. 

Eppure parliamo di un genere che presenta tutte le caratteristiche della poesia, dalle figure retoriche fino alla capacità di parlare in rima che nel trap si cantano con effetti digitali come l’autotune che permette a un artista di essere intonato anche se non lo è . 

Le Rime sono più lente o più veloci di quelle tradizionali, ci sono giochi di parole e incastri composti da elementi ripetuti. 

E poi il ritmo, la metrica che è preponderante e conta più della voce. E proprio l’utilizzo di metriche particolari, che spesso si ripetono è il terzo elemento che contraddistingue la trap. 

Molti giovani innamorati probabilmente hanno alle orecchie musica trap.
Il trap è considerato un genere romantico, elegante, capace di suscitare le stesse emozioni che produce un testo poetico che parla d’amore o di paesaggi. 
Ma se andiamo a sentire rime del tipo:
" Dicono il dinero non è todo (hu),
 mi piace lei perché ha il culo sodo" ci troviamo di fronte ad un'eleganza e a un romanticismo piuttosto sui generis. 
  

Ma allora  chi legge la poesia in Italia ?

L’Italia è il paese dove si legge di meno e di poesia quasi nulla. 
Gigi Proietti  diceva che la poesia va amata sin da piccoli, dalla scuola ed oggi la conosciamo in effetti troppo  poco.

A leggere maggiormente le poesie in Italia sono le donne di età compresa fra i 20 e 30 anni. Ho chiesto ad alcune di loro che cosa pensassero della Poesia , hanno apprezzato l’intervista e mi hanno risposto con molto entusiasmo.

C 33 anni: “Per me la poesia c’è: anche una frase di una canzone che voglio dedicare al mio uomo è poesia. Il punto è che mi deve suscitare qualcosa.” 

 T. 28 anni: “È un sentimento inespresso”.


S. 35 anni: “Un viaggio in terre sconosciute e un tuffo in un mare di emozioni”. 

R. 35 anni: “È un modo per cantare la realtà che ci circonda, rendendola elegante e immortale”.

A. 33 anni: “Un modo complicato per esprimere concetti spesso semplici, è una forma d’arte non per tutti”. 

D. 36 anni: “È lo specchio della nostra anima”.


L'ANGOLO DEL GIALLO A CURA DI PIETRO DE PALMA : Enrico Luceri : Le notti della luna rossa, 2019 - Il Giallo Mondadori N° 3184





Il sole si muterà in tenebra, e la luna in sangue.

Lo profetizzò molti secoli prima di Cristo il profeta Gioele. E da allora, quando la luna appare rossa, le si attribuisce un potere strano, un presagio di sventura. Persino in Goldrake, le armate della stella Vega attaccano la Terra quando la luna è rossa.
Di questo detto popolare si è appropriato Enrico Luceri, intitolando il suo ultimo romanzo, Le notti della Luna Rossa, in edicola in questi giorni, forse l'uscita migliore , come ho detto anche altrove, per celebrare i 90 anni del Giallo Mondadori.
Mennella è un cantante neomelodico fallito. Il suo momento di gloria l'ha avuto cantando Luna Rossa. Ma ora deve tutto a sua moglie, Letizia Romano. Vivono a Posillipo, vicino Napoli. Letizia ha ereditato molti beni di famiglia, essendo stata cancellata dall'asse ereditario della sua famiglia, la sorella Giovanna, per dei conflitti insanabili coi genitori, seguiti alla sua relazione con un uomo sposato. Per quanto Maria Letizia abbia cercato la sorella, per ridarle i beni di sua spettanza, non l'ha mai trovata. E si è pure servita della Agenzia Investigativa Di Cillo, una delle più rinomate se non la più rinomata, a Napoli.
Una bella sera, viene trovata morta dal marito Gianni Mennella. Un cocktail micidiale a base di whisky e ansiolitici l'ha stecchita. La polzia non sa se trattarsi di incidente, suicidio o assassinio. Ma più che passa il tempo si convince che si è trattato di omicidio, tanto più che nel lavello della cucina viene trovato, oltre al bicchiere incriminato ma senza impronte, uno con un fondo di whisky, che sembra essere stato lavato male.
A prima vista sembra chiara la responsabilità: il giudice Pieranunzi, nonostante la morte sia stata stimata intorno alle 20 e nonostante Mennella per quell'ora era altrove e vi sono dei riscontri che fosse lì, comunque sia per la strana condotta di Mennella che non si sa per quale motivo temesse per la salute della moglie quella sera, pensa ad un uxoricidio, essendo lui l'erede della moglie. E quindi sarebbe stato lui a bere il whisky assieme alla vittima. Ma successivamente, l'aver appreso che non avrebbe potuto assumere alcolici per il reflusso gastroesofageo di cui patisce gli effetti, e il fatto che stranamente nessuno nel palazzo ha sentito nulla, e sembra non interessarsi a quello che è accaduto al primo piano, spingono il commissario Bonocore e i suoi aiutanti, l'ispettrice Garzya e il sovrintendente Michele Macchia, ad allargare le indagini all'entourage immediatamente prossimo, cioè ai vicini di casa, e poi a chi possa essere la sorella della vittima: i primi, perchè nessuno sarebbe potuto entrare nello stabile se non con le chiavi del portone oppure su invito del diretto interessato; la seconda, perchè per essere stata esclusa dall'eredità dei genitori, avrebbe potuto avanzare pretese nei confronti della sorella, anche se erano state molto vicine. Ma si sa, i tempi cambiano le persone. E così... le indagini vanno avanti.
E se il sostituto procuratore Pieranunzi concede prima due giorni per chiudere il caso, a Bonocore, e poi per altri riscontri, li rinnova, Bonocore stesso è alla ricerca del filo dell'aquilone: l'aquilone (cioè il caso in questione) eviterà che gli possa di nuovo sfuggire, quando terrà ben stretto il filo (cioè avrà risolto il caso). Il filo gli sfugge per uqsi tutto il caso, nonostante egli stia lì per acchiapparlo: le indagini si susseguono, la sorella scomparsa intratteneva una relazione con un uomo sposato con il quale aveva avuto una bambina. Ci si arriva per le indagini dell'agenzia investigativa che fornisce pure alla polizia il nome di una testimone, una vecchia collega della donna che potrebbe ricordare il nome dell'uomo. Ma di lì a poco vengono uccisi prima un detective dell'agenzia investigativa, poi la testimone. Poi anche un inquilino dello stabile della vittima che voleva ricattare l'omicida e infine chi l'aveva fatto entrare nel palazzo.
Bonocore e la Garzya arrivano insieme al nome dell'omicida e in un finale convulso....
Enrico si è evoluto, rispetto ai primi romanzi pubblicati anni fa, rimanendo fedele però ad una sua impronta ben chiara: la derivazione dalla scuola italiana, e soprattutto dal cinema italiano. Come mi ha detto lui: Con rispetto e amicizia, io sono sempre stato solo Luceri, nel bene e nel male.
Ma è evidente che rispetto a Il mio volto è uno specchio l'evoluzione è ben netta. E tuttavia è un recupero della tradizione, più classica che non si può. Le atmosfere non sono più quelle di un film thriller degli anni settanta (sul vincitore del Tedeschi le influenze del cinema italiano giallo da Bava a Fulci a Avati sono evidenti), ricalcano modelli più antichi e cristallizzati ma sempre attuali: qui è l'assassinio in uno stabile. Nessuno ha visto e sentito, ma qualcuno pure dovrebbe aver dovuto sentire qualcosa! E non viene ucciso solo la Romano, ma anche l'inquilino del terzo piano, e poi anche l'infermiera del secondo.
L'assassinio in un condominio (o in una pensione o in un albergo) è un tema classico, più classico che non si può: nel passato vari scrittori si sono cimentati in variazioni, da Quentin Patrick (Murder at the Women 's City Club) a Augusto De Angelis (L'Albergo delle tre rose), da Stanislas A. Steeman (L'assassin habite au 21) a Claude Aveline (La Double mort de Fréderic Belot), da Todd Downing (The cat screams) a Nieves Mathews (She died without light); ma nel tempo stesso è un tema non solo virtuale ma reale: come non ricordare il delitto di via Poma per esempio?
Enrico Luceri elabora quindi una storia, che potrebbe benissimo avvenire in qualsiasi condominio, legandola a idee proprie di alcuni romanzi soprattutto della Christie: si sa che lo scrittore romano ne è un grande fan e conoscitore, e quindi non è un caso che prenda (e lo riconosce nella postfazione) spunti da molti libri della scrittrice inglese:da A Pocket full of Rye a A Murder is Announced. da Sad Cypress a Death in the Clouds. Nonostante ciò, e nonostante vengano citate anche altre opere, tra cui L'Albergo delle tre rose di De Angelis, gli indizi veramente importanti e risolutivi del romanzo di Luceri, legati a romanzi del passato, sono due: l'assassino che potrebbe aver ucciso la moglie di Mennella senza necessariamente essere un inquilino dello stabile, richiama Hercule Poirot's Christmas, mentre l'indizio che porta ad identificarlo senza ombra di dubbio, cioè l'inalatore di cortisone, si allaccia ad un testo che Luceri non cita ma che in modo chiarissimo è legato al suo romanzo: The Egyptian Cross Mystery di Ellery Queen (l'indizio della boccetta di tintura di jodio, che solo l'assassino sapeva dove si trovava).
Il ragionamento che porta Bonocore ad acchiappare il filo del suo caso, si basa su un non senso: sul perchè cioè nella casa della vittima la stanza in fondo ad un corridoio sia una cucina (nella zona notte, cosa alquanto bizzarra), mentre in quella sopra al secondo piano è un più naturale bagno: proprio sulla base che l'inalatore si trovava in una stanza, la cucina, di cui l'assassino non avrebbe dovuto conoscere l'ubicazione se non appunto per il fatto che fosse già entrato nell'appartamento per uccidere la moglie di Mennella, che è collegato al riferimento di Queen dal fatto che lì l'assassino non avrebbe dovuto sapere dove stava la boccetta di Jodio per medicare una ferita, mentre lo sapeva, Commissario e Ispettrice incriminano l'omicida. Del resto, a ben pensarci, non è l'unico romanzo in cui l'assassino non avrebbe dovuto sapere una cosa, ma messo alle strette da una certa situazione, esce dal seminato del suo piano e commette il fatale errore: infatti anche nel celebre romanzo di Rufus King,The Lesser Antilles Case, l'assassino compie un fatale errore mentre è in fondo al mare: entra nella cabina di un relitto per trovare una cosa che se non fosse già stato lì non avrebbe saputo dove cercare.
Ma non si ferma a questi romanzi il ricordo di Luceri: nel suo romanzo sono esemplificati i vari generi del giallo classico, esaminati e fatti interagire con altri: c'è l'esemplificazione di una serie di alibi che sembrerebbero a prova di bomba ma che vengono smontati (richiamo a Crofts); c'è il ritorno dell'erede, magari tenuto lontano dal patrimonio, ma che per rientrarne in possesso uccide (richiamo a Christie); c'è il tema del malato assisitito dall'infermiera ( es. la madre dei Greene in The Greene Murder Case, di Van Dine); c'è quello della vendetta e del patrimonio.
Quello che forse differenzia Luceri dal tema classico in senso stretto e lo fa essere figlio di un tempo più vicino a noi ( e molto vicino al modo di inquadrare l'assassino da parte di Paul Halter), è il tema della pazzia, la follia psicopatica, in virtù della quale l'assassino non è solo un elemento freddo e astuto che uccide per pura malvagità o per calcolo, ma anche un elemento che uccide per il piacere che gli procura uccidere. Non solo: in Luceri assistiamo al susseguirsi di scene anche splatter (possono richiamare Fulci per esempio) che difficilmente sarebbero state inserite in un giallo di Agatha Christie, in cui la scena del delitto, per quanto il delitto fosse abominevole, era asettica: in Luceri invece, la scena del delitto, è viva, la vediamo svolgersi in tutta la sua crudezza, insomma è figlia del suo tempo. Inoltre in Luceri il giallo classico si sposa con il giallo a sfondo suspence, e in questo parrebbe essere come un ritorno alle origini, alla Rinehart per esempio, come però potrebbe benissimo anche essere la filiazione di un certo cinema italiano.
Insomma Enrico Luceri è un giallista a tutto tondo. Forse il miglior giallista in circolazione in Italia. E questo romanzo è uno dei suoi migliori, un singolare omaggio alla grande Età d'oro del Giallo: perfetto per festeggiare i 90 anni del Giallo Mondadori (forse una delle migliori uscite di quest'anno se non la migliore uscita assieme all'Halter), ma perfetto anche per essere venduto in libreria, accanto proprio ai romanzi della Christie da lui citati.


Pietro De Palma

IL DOPPIO CANTO DELLA CIVETTA ,LUOGHI INTERIORI EDIZIONI : NOTE DELL'AUTORE

 





Nota dell’autore.

Scrivere è sempre nascondere qualcosa in modo che venga poi scoperto diceva Italo Calvino .
Molta della letteratura attuale mi pare invece troppo appiattita sulla realtà fattuale , basta vedere lo strapotere del genere giallo, dai media ai libri, in cui prevale una narrazione dei fatti condita da una stimolazione emotiva massiccia ma con poco pensiero . 
Il gioco meraviglioso dei rimandi fra simbolo e vita , tra significante e significato che mette in moto la mente , il linguaggio e il cuore , il motore principale della letteratura che allena a scoprire, svelare , pensare è quantomeno da tempo inceppato , afasico , spero non definitivamente perduto .

 

Guglielmo Campione

 

RECENSIONI DEI RACCONTI TRATTI DA GUGLIELMO CAMPIONE "IL DOPPIO CANTO DELLA CIVETTA " ,LUOGHI INTERIORI EDITROE

 






L'AEROPORTO NATO DA UNA VISIONE

 

Immagini di grande potenza narrativa ,conducono alla riflessione sulla perdita di conferimento di Senso dell'esistere nella nostra civiltà. Dopo poche righe ti trovi immerso in una atmosfera surreale!

Da leggere e rileggere!!!

E che chiusura magistrale!!

Gabriella Campione

 

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Dalla prima riga ci si sente risucchiati nel racconto, davanti agli occhi scorrono proprio quei luoghi così finemente descritti.

Le immagini delineate da ogni personaggio per descrivere questo luogo visionario disegnano ogni volta uno spazio diverso, complice la molteplicità della realtà e la complessità della mente umana, in un'operazione svolta anche da Calvino ne "Le Città invisibili". Un racconto che ha la forza di trasportarti in tanti posti pur rimanendo in uno solo. “Voi siete onda e diventate uno con l'acqua di cui siete composti" come dice Thich Nhat Hanh, monaco buddhista.
Questo racconto ci fa sentire onda e poi acqua coinvolgendoci pienamente nella sua trama.

Un racconto leggero come l'aria, forte come il fuoco, solido come la Terra e trascinante come un'onda e, per questo, completo. Ha tutto ciò che può coinvolgere un lettore dall'inizio alla fine!

 

Martina Ottaviano 

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Si beve tutto d'un fiato. 
Il target finale della quarta parte riecheggia le tematiche branduardiane dolcissime e metafisiche accennate giá ne "La fiera dell'Est". 
Bellissimo il confronto tra il nocciolo pragmatico-settoriale occidentalissimo dei visitatori e quello noetico-globalistico-orientalistico di Salajar che ha nel suo nome il richiamo a als/alos che in Latino diviene Sal/ salis, elemento fondantemente peculiarissimo nell'elemento acquatico primordiale. Se invece l'etimo del nome della guida ha un'altra simbolistica verrebbe da pensare al verbo salio che poi ibericamente indica l'idea del distacco, della partenza, dell'allontanamento.

 

Mariano Grossi 

 

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Evocativo, simbolico,affascinante. L'essere Assoluto, eterno immobile di Parmenide si declina nelle quattro Radici di Empedocle che rievoca l'acqua di Talete, fonte primigenia di vita rigenerazione e purificazione.Passato , presente e futuro coesistono in una sorta di perenne intreccio. La Sapienza antica si rinnova nella ricerca scientifica moderna

Lina Arrigo 

 

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Nei racconti di Campione ritrovo la comprensione e la conoscenza del conflitto natura-cultura, che dissocia e poi riunifica nel simbolo inconscio, dove TUTTO È UNO, simmetricamente.

 Stella Morgese 

 



L’UOMO PESCE


un viaggio nelle umide profondità dell'io ,immagini acquatiche di una immersione /ricerca che si lascia trasportare dal moto Continuo delle Onde ,moltiplicando all'infinito i propri spazi interiori.

Affascinante e coinvolgente !

Gabriella Campione

 

 

FINISCI IL TUO CAVALLO.

 

Che cosa immedesima l’autore al destriero in disarmo tanto da popolarne transitivamente/immediatamente la mente? Sul ponte che è di per sé sema di passaggio…al tramonto…Guglielmo nasce per il simbolo, vive in esso e con esso! Vicino alle sirene, effigi dell’illusione …al crepuscolo…E in questa stasi crepuscolare tutto, natura inanimata, vegetale ed animale si fa riflesso e interfaccia di un sé stesso barcollante. L’invito a finire se stessi, specchio di un antico galoppatore/stallone in rottamazione, scandito dal coro della physis circostante sembra poi in stupendo aprosdòketon (altro bagaglio tipico del Guglielmo profondo conoscitore del dramma classico) ribaltarsi nel semanticissimo baluginio del satellite terrestre rischiarator del buio! Guglielmo passa ripido e rapido: sappiatelo cogliere! E’ una sfida continua!

 

MARIANO GROSSI

 

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Un minuto di intenso trasporto tanto che sono riuscita a vedere, come fosse reale, quel tramonto vermiglio.

Questo racconto,ti prende per mano e ti conduce su di un set onirico ,vibrano forte le parole come fossero pennellate energiche e visionarie di un dipinto di van ghog

Martina Ottaviano 

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THE HARLOT

 

 

 Quante dentali in questo titolo esplosivo come il suo contenuto!

All'autore sembra piaccia accostare sacro e profano (chiesa/battona) e simboleggiare la vitalità della natura in una pulsione accoglitiva/invasiva che reitera l'eterno mito dell'androgino.

Ed è estremamente pregnante il fatto che questa didassi della ricomposizione maschio/femmnina avvenga proprio sul piazzale di quell'istituto che storicamente ha fustigato e castrato demonizzandolo quell'empito. Anche la pittorica finale nuvola/palo ricalca l'allegoria utero/fallica che permea tutto il naturalismo semantico del filo forte compositivo. Piacevolissimo!

 

Mariano Grossi

 

 

Questo racconto,ti prende per mano e ti conduce su di un set onirico ,vibrano forte le parole come fossero pennellate energiche e visionarie di un dipinto di Van Ghog

 

MARTINA OTTAVIANO

 

 

 FINALE DI UN DISCORSO


Un lampo questo racconto! una odorosa carezza attraversa il neutro territorio matematico .Chiusa la cartelletta,il pubblico conserverà traccia di quel Profumo e Nulla sarà più come prima!

 MARTINA OTTAVIANO

 

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Dicotomia fulminea della razionalità e dell'istinto fisicizzata dallo scienziato simbolo di una fugace ribellione notturna alla tirannide della ragione.Infanzia/maturità,profumo carnale (rosa mulieris imago)/dominio sui sensi custodito dalla stereotipia della disciplina più scevra d'impulsività.

Orchidea (il fiore della spermaticità) contro alambicco, il condensatore dei vapori bollenti!

Amor contra solitudinem.

E la bellissima immagine in clausola con la duplice felinità racchiusa nel cuore del protagonista: il phélex razionale lasciato in sala conferenze, quello "amoripeto" appena uscitone!

Mariano Grossi 

 

 

 

LA LETTERA OTTUSA

 

Intenso ed evocativo e bellissimo il paragone della pagina che frigna e pista i piedi come un bambino viziato. Un racconto che nasconde dietro di sè un romanzo...

Cinzia Baldini

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Ancora Guglielmo alla ricerca di un sema, a far capolino tra significanti e significati. Il foglio frignante è la risposta dell'impulso donativo alla logica della contrattualizzazione della vita, il diniego di un ingabbiamento e la vittoria della spontaneità. L'animo muliebre inesausto di interrogativi sull'ter umano è il no ad ogni inquadramento logico che le righe di quella carta rappresentano. E il rotolare della cellulosa ottusa (da ob + tundo, battuta apertamente, percossa e ripercossa tanto da divenire insensibile alle sollecitazioni)verso il destino pirico delle rose e delle spine rappresenta la vittoria del cuore sulla mente, poiché il muscolo cardiaco sa che egli vince la logica dell'interesse, della razionalità e, perché no, della morte, intesa come mera trasformazione di uno stato pregresso.

 

Mariano Grossi 

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Quel foglio aveva bisogno per aver parola , della seconda nascita. Mi pace il simbolismo sotteso,lettura piacevole.

 

 Elisabetta Polatti

 

Il tentativo mai tralasciato di mettere ordine nella relazione amorosa .Voler conferire senso alla "sgrammatica "delle emozioni. Questo racconto è fortemente intimo!

Gabriella Campione

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Ricerca di senso nel non senso; unica certezza nulla si distrugge tutto si trasforma

Ottima l'umanizzazione del foglio,cifra dell'esistenza umana.

Lina Arrigo

 

 

L’ANGELO E LE FRAGOLE DI LESBO

 

La simbologia fallica che traspare da tutto il racconto dell'autore e quel suo legame fisiologico eccitativo con la natura da lui direttamente sperimentato (i legni amari che la protagonista annusa dalla nuca del protagonista, gli olivi e i vitigni di Plomari, e palme fiancheggianti il viale d'accesso dell'alcova, i frutti di bosco emblema fallico estremo nella loro eritrologia cromatica) non è tema nuovo per chi conosce il poetare oltre che il prosare di Guglielmo: la mixis natura-sesso è la stessa di "Africa", suo flash sensualissimo nella prima parte (la più erotica) della silloge "Il lungo cammino del fulmine": "Africa negli occhi e tu nel cuore: palme tra le dita le tue burrose gambe"...Africa, Lesbo, Egeo, mari equatoriali...torna contemporaneamente il tema dell'acqua, della fluidità convogliatrice delle pulsioni primordiali più genuine e tutti i frutti ivi citati sono fonti di liquidi vitali omnicomprensivamente spermatici ancora in simbologia anulare! Un virtuoso dell'allusione e del sema!

Mariano Grossi

 

L'attesa che si fa compimento.

Straordinario il ritmo di questo racconto.

Un tempo morbido e lieve che si fa sempre più denso fino ad innalzare, nella
chiusura, un canto liberatorio .

Gabriella Campione

 

FREDDO COME UN SILENZIO CALDO COME UN BRODO

 

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Nota dell’autore


La tematica è senz'altro quella di Pigmalione e di Narciso : tener presenti solo i propri bisogni e conformare tutto a quello ma anche quello della bella addormentata , tematica della nuova nascita, della conoscenza di sé e del mettere al mondo sé stessi come sosteneva Lou Salome in tema di narcisismo .


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Un minuto nel quale viaggiare sotto maglioni deformati, assenze di stile, pulsioni elementari,odio, sguardi e candele.. Un minuto solo per conoscere tutto ciò! Gradevolissima lettura!

Antonella Risolo 

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La crudezza del corpo come la crudezza dell'animo umano. Qui sentimenti forti si intrecciano in un breve racconto ricercato.

 

Daniela Ajovalasit 

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Un interessantissimo pezzo confezionato con fine penna psicologica da Guglielmo Campione .Pigmalione e Galatea : è in quest’accenno mito-filologico, che riscontreremo l’originalità dell’approccio di Guglielmo, autore e psicanalista capace di penetrare il mito nei suo anfratti psichici più reconditi (ed al professionista della materia ben noti) per dar vita ad un abbozzo di idea letteraria autonoma e volutamente ribaltante.

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S’intersecano gli accoppiamenti sinestetici (il grigiore del cielo senza vento dei pensieri- muta sorrideva- silenzio di ghiaccio- esercito di pensieri) in questo breve racconto di Guglielmo in un matrimonio formale e sostanziale inesausto. Ma quando parliamo di sinestesia non lo facciamo solo in chiave di mero registro delle figure retoriche organicamente inserite nel tessuto connettivo del racconto, bensì perché tutto esso pare una perfetta miscellanea sagacemente ribaltata della scena ovidiana del mito di Pigmalione . Assieme a questo , il racconto adombra un altro grande mito gravido di riferimenti psicologici , quello di Narciso , soprattutto nella scena dello schiaffo che fa sanguinare chi lo infligge , come se vennisse dato alla sua immagine riflessa.

Mariano Grossi 

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Un racconto ben strutturato che delinea sin da subito i personaggi, ognuno nascosto come può dalla consapevolezza di sé: dietro un maglione sformato e convinzioni solo all'apparenza forti. Il cuore della storia è il ribaltamento della situazione, un'insofferenza che diventa liberazione, una lezione non data ma ricevuta, una bambina "triste e scontenta" che diventa madre accogliente. La chiave è un contatto fisico violento, uno schiaffo, che alla lettura fa vibrare anche l'anima e genera nello stesso lettore una sorta di catarsi.

Martina Ottaviano 

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Interessante creazione! ritrovare la propria metà,la madre, comporta una rottura un sanguinamento. Solo allora l'immagine prima goffa ma pure invitante,vestirà la vestaglia del protagonista era lo condurrà all'Agape della ritrovata unità dove lei si farà cibo sacro di lui per nutrire un essere nuovo.

Elisabetta Polatti 

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I controluce della scena danno il senso pieno ai sensi delle parole, agli aspetti dei gesti. Che stile!

Stella Morgese 

 

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Il grande dottore ha psicoanalizzato Galatea...

Il concetto di pensare solo a sé dando vita all'oggetto amoroso: la bella statua di Galatea fu creata da Pigmalione come supremo ideale di bellezza, se la costruisce a suo piacimento e che poi grazie alla dea Afrodite riesce a sposare.

 

Alessia Di Luzio

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