LA STILIZZAZIONE, IL TRE E LA TRIADE NELLE NATIVITÀ DELLO SCULTORE PIERO RAGONE di Guglielmo Campione











La costante interpretazione stilizzata della Sacra famiglia nei presepi in tufo, legno o metallo di Piero Ragone è il risultato di un lavoro di sintesi ed astrazione che va all’essenziale, non permettendo di concentrarsi sui particolari anatomici e di abito di Gesù, Giuseppe e Maria così come invece avviene nel presepe figurativo tradizionale inaugurato da Francesco di Assisi.
In questo consiste a mio parere la loro tipica sintesi di modernità stilistica e tradizione.


La silhouette è strettamente legata nella mitologia alle origini dell'arte.
Plinio il Vecchio, nella sua Storia naturale (77-79 d.C), racconta l'origine della pittura. Nel capitolo 5 del libro XXXV, scrive: "Non abbiamo alcuna conoscenza certa dell'inizio dell'arte della pittura, né questa indagine rientra nella nostra considerazione ma tutti concordano che abbia avuto origine nel tracciare linee intorno all'ombra umana [...omnes umbra hominis lineis circumducta]." 
Il termine nacque in Francia, nella seconda metà del XVIII secolo, per indicare una tecnica di ritratto, eseguito riproducendo i soli contorni del viso, come un'ombra, chiamati profil à la silhouette.

Nell’arte primitiva africana la stilizzazione era un tratto distintivo e modernissimo nonostante la datazione storiografica, quello stesso tratto stilistico che influenzò il periodo cubista di Picasso a partire dallo studio dell’arte Africana.
Nelle arti figurative la stilizzazione è la rappresentazione di un soggetto nei suoi soli tratti essenziali: le figure così rappresentate sono dette "stilizzate"e questo può voler intendere sia semplificazione che uno specifico stile di rappresentazione della realtà.
Albert Camus diceva che "l'arte è sempre stilizzazione".

Questa opera di stilizzazione della figura nei presepi di Ragone favorisce fortemente la focalizzazione sulla geometrizzazione delle linee e dello spazio e sul loro richiamo simbolico. In particolare sul triangolo e sul numero tre (in latino tres, in greco τρεῖς, in sanscrito tráyaḥ, in arabo thalātha).

Il Numero Tre è il simbolo del ternario, la combinazione di tre elementi.

Primo numero dispari, poiché l’uno non è considerato un numero, il Tre è profondamente attivo e possiede una grande forza energetica.

È il simbolo della conciliazione per il suo valore unificante.
Infatti tanto il Due separa quanto il Tre riunisce.

Tre è anche il primo numero della sfera del pensiero che indica la porta per la mente consapevole. E' fulcro dell'emisfero sinistro, chiave della memoria e associato al triangolo definisce la perfetta armonia tra mente, anima e corpo.

La sua espressione geometrica è il Triangolo, simbolo esemplare del ritorno del multiplo all’unità: due punti separati nello spazio, si assemblano e si riuniscono in un terzo punto situato più in alto, quello impersonificato dalla figura del Cristo nel presepe e dalla concettualizzazione di Dio nel Sacra Trinità cristiano cattolica Padre, Figlio e Spirito Santo.
Il rapporto della triade con l’unità può essere espresso da un triangolo equilatero, ovvero dall’identità del Tre, dove in ognuno dei tre angoli diversamente indicati è data ogni volta la triade intera.

È il primo numero di armonia, di soluzione del conflitto dualistico, ed è per questo considerato un numero perfetto.

Il Tre apre la strada della mediazione e permette di uscire dall’antagonismo, superando la visione parziale e riduttiva del dualismo, poiché due elementi non possono essere conciliati che con l’ausilio di un terzo elemento. La triade sintetizza dunque i poli opposti della dìade.

Il Tre è simbolo di vitalità e radice di ogni ulteriore estrinsecazione delle operazioni dell’Uno nell’alterità del molteplice.

Nella mitologia e nel culto è l’espressione della Trinità come simbolo dell’unità sostanziale.
Il numero Tre però simboleggia anche la creatività come espressione e sviluppo dell’intelletto. Creatività di cui i presepi di Ragone sono una peculiare espressione.

Il numero Tre emana una profonda energia che si esplica in modo vivace, prolifico e appassionato: questo deriva dalla congiuntura della forza innovatrice del numero Uno con quella della capacità di sviluppo del numero Due. Tutto ciò sta a indicare che siamo in presenza di un forte flusso energetico che sollecita e accompagna l’immaginazione.

E’ anche il simbolo spirituale della pianta che allunga i suoi rami nella triforcazione e i Pitagorici lo consideravano sacro perché permette di tracciare il triangolo, figura perfetta.

La mitologia greca usa ricorrentemente il tre per rappresentare alcune divinità come le Parche che filano il destino umano come un tessuto, o le Arpie o Furie, ed infine le Grazie come nella Primavera del Botticelli.

Il Tre, è il prodotto dell’unione tra l’Uno, il principio attivo e il Due, il grembo rappresentato da Maria che accoglie la creazione.

E’ il primo prodotto del pensiero che si moltiplica e si espande; racchiude in sé sia il concetto di unione sia quello di espansione.

Il Tre è Figlio del Padre (1) e della Madre (2), che si è formato attraverso il Soffio generatore e può, così, continuare la Specie.

Nel significato profondo del termine “Trinità”, troviamo i richiami alla “perfezione“ associato alle qualità superiori dell’Uno, del Due e del Tre. Perfezione è l’Armonia delle parti, è l’equilibrio delle forze. Considerato il “numero perfetto“, - omnia tria perfecta sunt-in quanto espressione della Triade o Trinità, la sua Perfezione è “creare“ con la forza e la rettitudine dell’Uno, con la grazia e l’accoglienza fertile del Due e mantenere tutto questo nella perfetta armonia per farlo crescere ed espandere.

Secondo la Kabbalah ebraica, il Tre è associato alla terza lettera dell’alfabeto ebraico Ghimel : ( ג ).
La forma della lettera, richiama la figura di una persona nell’atto di correre, come se mettesse il piede in avanti per lo slancio. Si tratta dell’origine del movimento, rappresenta la spinta ad uscire da se stessi, dalle proprie limitazioni che la dualità ci propone di continuo
Ghimel, il Tre, è la sede della volontà di crescere, è ciò che invita all’attività, al progresso, al miglioramento di ciò che siamo.
La forma di Ghimel rappresenta anche l’espandersi e il contrarsi della Luce Infinita, durante il processo della creazione dei Mondi. Ricorda le contrazioni e il rilascio nel travaglio del parto.

Occorre uscire da ciò che ci limita e dirigerci verso il vero Sé, verso la parte più vera, profonda ed eterna di noi stessi. Per rinascere a noi stessi, dobbiamo prima raccoglierci, riflettere e poi espandere la nostra coscienza in un nuovo modo, creando la nostra nuova vita.

Giustappunto il messaggio simbolico del Natale che le Triadi dei presepi di Piero Ragone ci invitano ad accogliere nella loro essenzialità stilistica e filosofica.



IN USCITA NUOVO ROMANZO : FULGENZIA CUORE DI BOSCO


La storia della Contessina Fulgenzia Nicolai che racconto in questo romanzo è frutto della mia fantasia di scrittore ma basata tuttavia saldamente sullo studio storico preliminare del periodo della nascita dell'Unità d'Italia.

Nel febbraio del 1861, con la capitolazione di Gaeta, ultima roccaforte borbonica, il Regno delle Due Sicilie era cessato infatti di esistere e Francesco II, ultimo Re di Napoli, riparava a Roma, ospite dello Stato Pontificio.

 Il 17 marzo 1861 fu il momento della svolta: Vittorio Emanuele II, già Re di Sardegna, proclamò la nascita dello stato italiano unitario assumendone la guida come Re d'Italia.

La storia di Fulgenzia, prima Contessa e poi Brigantessa per una sua scelta è una storia del tutto diversa da quella delle brigantesse storiche perchè esse erano in realtà tutte figlie di contadini. Essa è, quindi, prima di tutto il frutto della mia fantasia e interpretazione di quel periodo storico, dei sentimenti e della psicologia che lo animarono, lo afflissero e lo infiammarono sullo sfondo della Murgia Pugliese intorno a Minervino e Spinazzola.

Fulgenzia cuore di bosco è nei miei intendimenti anche una storia moderna nella misura in cui, come scrivo appositamente e ampiamente nella postfazione psicologica, che chiude il volume, tratta temi psicologici importanti come il potere e le sue perversioni, il difficile rapporto fra genitori e figli, la problematicità dell'adozione, la trasgressione adolescenziale attraverso scelte antisociali, la trasmissione di segreti transgenerazionali, le vendette, il ruolo del destino nei suoi aspetti soprannaturali e non razionali e quello del disvelamento delle verità, problematiche che non diversamente dal 1860 sono tutt'oggi presenti, pur con modalità naturalmente diverse







 

UNO SGUARDO DI LUCE SU SAN NICOLA:I DISEGNI DEI BAMBINI DELLA SCUOLA RUSSA DI KITHEZGRAD DIRETTI DALLA MAESTRA MARIANNA ANATOLYEVNA - conferenza e saggio a cura di Chiara Troccoli Previati , Museo di Santa Scolastica di Bari, 22 MAGGIO 2023

La mostra sui disegni di San Nicola, eseguiti da bambini Russi di Kithezgrad dai cinque anni all’adolescenza coordinati dalla Maestra Marianna Anatolyevna.,esposti al Museo di Santa Scolastica di Bari nel mese di maggio 2023  è stata una festa dello sguardo.

Qualcosa inizia a pulsare dentro chi percepisce queste opere, attraverso lo sguardo e non può non restare colpito dal trionfo dei colori come fiori sparati da un cannone

Siamo qui di fronte a opere d’arte che ‘significano’, sono, rivelano, vogliono essere, raccontano, e restano, per la loro pura, autentica, forza espressiva, una meravigliosa gioia dell’apparire.

Nello spazio rivelato di queste opere d’arte ci si apre davanti agli occhi un mondo senza distanze, che vuole tessere legami, che trapassa la realtà tangibile e parla di un oltre che ci appartiene, tutti.

Perché davanti a queste opere in noi accade qualcosa che ci smuove?

 Perché qualcosa è accaduto prima che fossero create.
Dietro queste opere d’arte c’è l’amore, la passione di una Maestra d’arte che nella sua scuola di Kithezgrad accoglie e accende il cuore di bambini dai cinque anni all’adolescenza desiderosi di esprimersi attraverso l’arte, pittorica e non solo: Marianna Anatolyevna.


L’amore è come l’arte, un atto creativo, generativo. In questo atto, duplice, d’amore per l’arte, per la trasmissione di conoscenze, certo non solo tecniche, da parte della Maestra verso i giovani allievi e di creazione artistica conseguente dei piccoli artisti, avviene un incontro, si crea una reciprocità che si manifesta attraverso la luce; luce che poi si riflette e illumina chi guarda l’opera.

E così l’opera continua in noi che veniamo investiti da quella luce facendone esperienza personale. Avviene insomma una reciprocità dello sguardo.

Così come nelle icone, dove la prospettiva inversa fa affacciare il divino nello spazio-tempo dell’umano.

Cosa è la prospettiva invertita?:

le linee non vengono tracciate per convergere in un punto all’interno dell’icona bensì al suo esterno. Questo significa che le linee si dirigono in direzione inversa rispetto alla prospettiva centrale, convergendo in un punto che non si trova dietro il quadro ma davanti ad esso. Si ha l’impressione che la scena venga verso lo spettatore quasi ad incontrarlo. E qui sta il significato teologico di questa scelta. É Dio che ha l’iniziativa, è Lui che viene verso l’uomo per rivelarglisi. Il fondo oro delle icone riflette la sacralità dello spazio divino.

Chi guarda l’opera fa una esperienza di luce che gli viene incontro: le icone bizantine, russe, sono le “finestre” da cui il divino si affaccia.
Quindi la grammatica compositiva dello spazio delle icone è completamente diversa da quella occidentale. 

 Gli accorgimenti che mirano al naturalismo della rappresentazione, cioè che costruiscono l’illusione di realtà, come l’uso della prospettiva di tradizione occidentale, del chiaroscuro, della tridimensionalità, dell’armonia delle parti, non fanno parte dell’iconografia orientale in quanto ritenuti contrari alla natura sacra dell’icona.


La prospettiva rovesciata, proprio perché situa il punto di fuga in avanti, crea un coinvolgimento dell’osservatore nella scena rappresentata.

Non è il credente a guardare l’icona, ma è il volto iconico che guarda il credente.




                                   Icona della Trinità di Rublev, 1430ca.                                                     


Prospettiva Invertita, delle icone lineare,centrale

Una osservazione anche sul gigantismo del personaggio sacro nel contesto della scena: il sacro essendo una manifestazione oltre lo spazio reale non rispetta i canoni proporzionali tradizionali. Questo avveniva anche nell’arte occidentale prima del ‘vincolo ‘ del rispetto della prospettiva.



Nelle icone avviene sempre.

                 



    Icona dono di Re Urosio  III   di Serbia   alla Basilica di Bari, XIV sec.

                    


Ora questa precisazione sul mondo delle icone mi serve per dire come questi bambini della Scuola d’arte abbiano dentro tutte queste conoscenze, ne sono a contatto visivo e culturale sin dal grembo materno, e noi ne ritroviamo i tratti caratteristici nelle loro manifestazioni artistiche. Loro sanno esprimere tutto il mistero dell’icona. Altro importante canone cui aderiscono, naturalmente, è la frontalità del personaggio sacro rappresentato. Ci deve essere un rapporto diretto di sguardo tra il riguardante e il volto santo che non può essere rappresentato di profilo. Il corpo può essere di tre quarti ma il volto deve essere frontale. Guardate come loro salvaguardano sempre lo sguardo evocativo del sacro, dell’oltre, nei loro San Nicola.


                       


                 




 In particolare, alcuni trasmettono la doppia ricchezza, dello sguardo al mondo attraverso un occhio e all’infinito con l’altro, come nella celebre icona del Pantocratore del Sinai del VI sec.



Guardiamo ora questa interpretazione tutta personale e tenerissima della Vergine Panaghia Platytera(tutta santa che contiene il cielo) Nel clipeo del bimbo ci sono lui e la sua mamma.

 

 





Tradizionalissima l’impronta di questo dipinto ma con la capacità di rendere vero il santo attraverso il chiaroscuro, la cura del dettaglio della veste, dell’evangeliario e del medaglione con Cristo.

Guardate il particolare della porzione di nuvole e cielo che separa Cristo e la Vergine dal Santo, identica all’icona.

 


                     

Questo bambino, Denis, ha talmente ingrandito l’aureola attorno a questo volto così ieratico, dal quale promana la luce dorata che solitamente troviamo nel fondo delle icone, da inserirne la scritta- SAN NICOLA - IL MIRACOLOSO-  all’interno, (solitamente si trova all’esterno dell’aureola) rendendo semplice ma espressionista la pennellata della veste (senza croci) e dello sfondo, nei colori complementari del rosso e verde tanto da permetterci di concentrare lo sguardo sulla luce del Santo.


 O la preziosità di una veste vescovile così ricca reinterpretata con dettagli e colori squillanti come fanno Kristina e Anastasia.





Ma queste opere sono originali e modernissime perché a queste conoscenze e a questo rispetto innato della loro tradizione iconografica hanno aggiunto la conoscenza e la scoperta dell’arte moderna dell’800 e del ‘900 presente nei Musei russi, basti L’Ermitage di San Pietroburgo.

Ecco una sequenza di opere presenti all’Ermitage che possono farci comprendere la fonte della modernità e vivacità dei quadri in mostra senza dimenticare che questa operazione di sintesi possiamo tradurla come spunto riflessivo di unione di cultura, di tradizione espressiva e di fede.


               

Van Gogh, Casa bianca di notte, 1890


                            

Matisse, Armonia in rosso, 1908


                                 

                           

Guardate qui la sintesi espressiva alla Matisse e la pennellata vibrante di Cezanne nel prato.


                               

                                                Cezanne, Mont Sainte-Victoire,1898 

                                  

Cezanne, Il grande pino, 1897





Cezanne, Blue landscape, 1904-6






Matisse, Vista di Collioure, 1905






Le figure dentro il portale, contro la luce divina interna, sono macchie impressioniste.



C. Pissarro, Festival,1876






Nell’opera di Ilya riecheggia il blu di Chagall, che è molto più di un colore, è il trionfo della vita e della spiritualità, è l’anima dell’uomo grato a Dio. Inoltre, qui ritrovo ‘l’apparizione’ del volto del nostro Santo come un’epifania; solo il volto, non tutto il corpo a indicare la sua presenza anche nell’assenza visibile, come in tante opere di Chagall, pittore russo ebreo, dove spesso i volti fluttuano nell’azzurro, in un incontro celeste.





Chagall, Paesaggio in blu,1949


Osservate l’idea di proiettare l’ombra della nuvola in cielo nel mare come in Emile Nolde, espressionista norvegese, puro colore di un cielo nel quale a sinistra appare chiara la luce solare in prossimità della caravella.






E.Nolde, Mare, 1946






Questo cielo al tramonto che si riverbera sul mare in tempesta, placato dal Santo, riecheggia i cieli al tramonto dei mosaici di età paleocristiana che indicavano la fine del tempo terreno e l’inizio del tempo eterno.

 



Catino absidale dei SS. Cosma e Damiano, Roma, VII sec.

 

La visione di queste opere d’arte cui sono stati guidati dalla loro straordinaria Maestra Marianna, li ha portati alla possibilità e capacità di esprimersi innanzitutto con colori prorompenti, con pennellate vigorose e sempre personali ma soprattutto a usare il colore come mezzo espressivo dello spirito e della luce del Santo nella scena rappresentata, facendo emergere implicitamente la loro pura luce interiore.


                                                                                    

Chiara Troccoli Previati, 22 maggio 2023.

 





 

 

 


        

                                                                                    

 










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