UNO SGUARDO DI LUCE SU SAN NICOLA:I DISEGNI DEI BAMBINI DELLA SCUOLA RUSSA DI KITHEZGRAD DIRETTI DALLA MAESTRA MARIANNA ANATOLYEVNA - conferenza e saggio a cura di Chiara Troccoli Previati , Museo di Santa Scolastica di Bari, 22 MAGGIO 2023

La mostra sui disegni di San Nicola, eseguiti da bambini Russi di Kithezgrad dai cinque anni all’adolescenza coordinati dalla Maestra Marianna Anatolyevna.,esposti al Museo di Santa Scolastica di Bari nel mese di maggio 2023  è stata una festa dello sguardo.

Qualcosa inizia a pulsare dentro chi percepisce queste opere, attraverso lo sguardo e non può non restare colpito dal trionfo dei colori come fiori sparati da un cannone

Siamo qui di fronte a opere d’arte che ‘significano’, sono, rivelano, vogliono essere, raccontano, e restano, per la loro pura, autentica, forza espressiva, una meravigliosa gioia dell’apparire.

Nello spazio rivelato di queste opere d’arte ci si apre davanti agli occhi un mondo senza distanze, che vuole tessere legami, che trapassa la realtà tangibile e parla di un oltre che ci appartiene, tutti.

Perché davanti a queste opere in noi accade qualcosa che ci smuove?

 Perché qualcosa è accaduto prima che fossero create.
Dietro queste opere d’arte c’è l’amore, la passione di una Maestra d’arte che nella sua scuola di Kithezgrad accoglie e accende il cuore di bambini dai cinque anni all’adolescenza desiderosi di esprimersi attraverso l’arte, pittorica e non solo: Marianna Anatolyevna.


L’amore è come l’arte, un atto creativo, generativo. In questo atto, duplice, d’amore per l’arte, per la trasmissione di conoscenze, certo non solo tecniche, da parte della Maestra verso i giovani allievi e di creazione artistica conseguente dei piccoli artisti, avviene un incontro, si crea una reciprocità che si manifesta attraverso la luce; luce che poi si riflette e illumina chi guarda l’opera.

E così l’opera continua in noi che veniamo investiti da quella luce facendone esperienza personale. Avviene insomma una reciprocità dello sguardo.

Così come nelle icone, dove la prospettiva inversa fa affacciare il divino nello spazio-tempo dell’umano.

Cosa è la prospettiva invertita?:

le linee non vengono tracciate per convergere in un punto all’interno dell’icona bensì al suo esterno. Questo significa che le linee si dirigono in direzione inversa rispetto alla prospettiva centrale, convergendo in un punto che non si trova dietro il quadro ma davanti ad esso. Si ha l’impressione che la scena venga verso lo spettatore quasi ad incontrarlo. E qui sta il significato teologico di questa scelta. É Dio che ha l’iniziativa, è Lui che viene verso l’uomo per rivelarglisi. Il fondo oro delle icone riflette la sacralità dello spazio divino.

Chi guarda l’opera fa una esperienza di luce che gli viene incontro: le icone bizantine, russe, sono le “finestre” da cui il divino si affaccia.
Quindi la grammatica compositiva dello spazio delle icone è completamente diversa da quella occidentale. 

 Gli accorgimenti che mirano al naturalismo della rappresentazione, cioè che costruiscono l’illusione di realtà, come l’uso della prospettiva di tradizione occidentale, del chiaroscuro, della tridimensionalità, dell’armonia delle parti, non fanno parte dell’iconografia orientale in quanto ritenuti contrari alla natura sacra dell’icona.


La prospettiva rovesciata, proprio perché situa il punto di fuga in avanti, crea un coinvolgimento dell’osservatore nella scena rappresentata.

Non è il credente a guardare l’icona, ma è il volto iconico che guarda il credente.




                                   Icona della Trinità di Rublev, 1430ca.                                                     


Prospettiva Invertita, delle icone lineare,centrale

Una osservazione anche sul gigantismo del personaggio sacro nel contesto della scena: il sacro essendo una manifestazione oltre lo spazio reale non rispetta i canoni proporzionali tradizionali. Questo avveniva anche nell’arte occidentale prima del ‘vincolo ‘ del rispetto della prospettiva.



Nelle icone avviene sempre.

                 



    Icona dono di Re Urosio  III   di Serbia   alla Basilica di Bari, XIV sec.

                    


Ora questa precisazione sul mondo delle icone mi serve per dire come questi bambini della Scuola d’arte abbiano dentro tutte queste conoscenze, ne sono a contatto visivo e culturale sin dal grembo materno, e noi ne ritroviamo i tratti caratteristici nelle loro manifestazioni artistiche. Loro sanno esprimere tutto il mistero dell’icona. Altro importante canone cui aderiscono, naturalmente, è la frontalità del personaggio sacro rappresentato. Ci deve essere un rapporto diretto di sguardo tra il riguardante e il volto santo che non può essere rappresentato di profilo. Il corpo può essere di tre quarti ma il volto deve essere frontale. Guardate come loro salvaguardano sempre lo sguardo evocativo del sacro, dell’oltre, nei loro San Nicola.


                       


                 




 In particolare, alcuni trasmettono la doppia ricchezza, dello sguardo al mondo attraverso un occhio e all’infinito con l’altro, come nella celebre icona del Pantocratore del Sinai del VI sec.



Guardiamo ora questa interpretazione tutta personale e tenerissima della Vergine Panaghia Platytera(tutta santa che contiene il cielo) Nel clipeo del bimbo ci sono lui e la sua mamma.

 

 





Tradizionalissima l’impronta di questo dipinto ma con la capacità di rendere vero il santo attraverso il chiaroscuro, la cura del dettaglio della veste, dell’evangeliario e del medaglione con Cristo.

Guardate il particolare della porzione di nuvole e cielo che separa Cristo e la Vergine dal Santo, identica all’icona.

 


                     

Questo bambino, Denis, ha talmente ingrandito l’aureola attorno a questo volto così ieratico, dal quale promana la luce dorata che solitamente troviamo nel fondo delle icone, da inserirne la scritta- SAN NICOLA - IL MIRACOLOSO-  all’interno, (solitamente si trova all’esterno dell’aureola) rendendo semplice ma espressionista la pennellata della veste (senza croci) e dello sfondo, nei colori complementari del rosso e verde tanto da permetterci di concentrare lo sguardo sulla luce del Santo.


 O la preziosità di una veste vescovile così ricca reinterpretata con dettagli e colori squillanti come fanno Kristina e Anastasia.





Ma queste opere sono originali e modernissime perché a queste conoscenze e a questo rispetto innato della loro tradizione iconografica hanno aggiunto la conoscenza e la scoperta dell’arte moderna dell’800 e del ‘900 presente nei Musei russi, basti L’Ermitage di San Pietroburgo.

Ecco una sequenza di opere presenti all’Ermitage che possono farci comprendere la fonte della modernità e vivacità dei quadri in mostra senza dimenticare che questa operazione di sintesi possiamo tradurla come spunto riflessivo di unione di cultura, di tradizione espressiva e di fede.


               

Van Gogh, Casa bianca di notte, 1890


                            

Matisse, Armonia in rosso, 1908


                                 

                           

Guardate qui la sintesi espressiva alla Matisse e la pennellata vibrante di Cezanne nel prato.


                               

                                                Cezanne, Mont Sainte-Victoire,1898 

                                  

Cezanne, Il grande pino, 1897





Cezanne, Blue landscape, 1904-6






Matisse, Vista di Collioure, 1905






Le figure dentro il portale, contro la luce divina interna, sono macchie impressioniste.



C. Pissarro, Festival,1876






Nell’opera di Ilya riecheggia il blu di Chagall, che è molto più di un colore, è il trionfo della vita e della spiritualità, è l’anima dell’uomo grato a Dio. Inoltre, qui ritrovo ‘l’apparizione’ del volto del nostro Santo come un’epifania; solo il volto, non tutto il corpo a indicare la sua presenza anche nell’assenza visibile, come in tante opere di Chagall, pittore russo ebreo, dove spesso i volti fluttuano nell’azzurro, in un incontro celeste.





Chagall, Paesaggio in blu,1949


Osservate l’idea di proiettare l’ombra della nuvola in cielo nel mare come in Emile Nolde, espressionista norvegese, puro colore di un cielo nel quale a sinistra appare chiara la luce solare in prossimità della caravella.






E.Nolde, Mare, 1946






Questo cielo al tramonto che si riverbera sul mare in tempesta, placato dal Santo, riecheggia i cieli al tramonto dei mosaici di età paleocristiana che indicavano la fine del tempo terreno e l’inizio del tempo eterno.

 



Catino absidale dei SS. Cosma e Damiano, Roma, VII sec.

 

La visione di queste opere d’arte cui sono stati guidati dalla loro straordinaria Maestra Marianna, li ha portati alla possibilità e capacità di esprimersi innanzitutto con colori prorompenti, con pennellate vigorose e sempre personali ma soprattutto a usare il colore come mezzo espressivo dello spirito e della luce del Santo nella scena rappresentata, facendo emergere implicitamente la loro pura luce interiore.


                                                                                    

Chiara Troccoli Previati, 22 maggio 2023.

 





 

 

 


        

                                                                                    

 










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