Ho molto apprezzato SANTINA FAVOLLA : lo definirei un "realismo magico mediterraneo con suggestioni di sacra arte muratoria e l'eco di antiche pratiche sapienziali indigene",un mix davvero gustoso, come quello di certe buone, segrete erbe spontanee note quasi solo alle masciare!
Il riferimento alla liuteria in questa narrazione mi ha fatto anche pensare, in qualche modo, alla raccolta e trasformazione del bisso sardo : forse perché, in entrambi i casi, si ha a che fare con una materia intrisa di tempo, di un lavoro anche interiore che progressivamente la matura e la trasforma a fondo affinché serva a scopi ulteriori, sopraffini, impalpabili.
Mi piace poi l'accento posto, più volte, sull'importanza contestuale di "momento giusto" e "iniziazione": penso infatti che se tutti noi, fin da piccoli, potessimo attingere a tale orizzonte di senso, sono certa che ogni Vita avrebbe più chance di svilupparsi come dovrebbe, e cioè come un'originale e autentica Opera d'Arte.
In Santina Favolla risuonano leggende medioevali (penso a Cristalda e Pizzomunno musicata da Gazzé) e c'è un uso molto amabile di sinestesie: in particolare le sensazioni olfattive che arrivano dalla casba, dai sottani, dal mare, dal sudore, dal pane, dallo zolfo, dalla cera sull'arancia.
Infine, come non gioire di tutta un'impronta cruciale e deliziosamente molto junghiana - ma non per questo meno Campioniana- che rimanda all'urgente necessità di esemplificare la suprema integrazione dell'Ombra?
Per me, in tutta franchezza, l'innata (o educata? O auto-educata? Mistero!) complessità sentimentale del. Personaggio di Achille, che riconosce ed ama doppiamente Santina/Favolla (cioè con duplice sovrabbondanza) , è davvero l'unico eroico amore che valga la pena di vivere.