Quale sarà la canzone che salva Arax?
di Chiara Troccoli Previati
RECENSIONE
Non appena prendi questo libro in mano non vedi l’ora di intuirlo.
Cominci a leggere e sei proiettato in un tempo che abbiamo
vivo dentro i ripostigli del cuore e affiora magicamente, spesso grazie ad
accidentali incontri, a una telefonata, al vissuto dei nostri figli, al più
insignificante degli oggetti in fondo a uno scaffale o a un cassetto che ha il
potere di farti fare balzi all’indietro e ti chiedi se è davvero indietro nel
tempo quel tempo risvegliato. Il bello è che accade sempre all’improvviso, come
una sorpresa, che è zucchero e sale della vita. Ti spiazza e sei tu a decidere
se calartici dentro o glissare per non rischiare di farti coinvolgere.
Balsamo speciale e collante del tempo è la musica ed è
proprio quella su cui l’autore fa leva fin dall’inizio del racconto per
portarti agli anni settanta in un quartiere come altri della città di Bari, né
chic né periferico, vissuto e navigato da ragazzi liceali di quegli anni ( che
non sono gli stessi nostri perché la storia si ripete ma ogni tempo è unico),
ragazzi per i quali l’amicizia, l’amore, il divertimento, la scoperta, il
sotterfugio, l’incanto sono pane quotidiano. Insomma ragazzi, quindi gente che,
come dice l’autore, sta ‘fin dentro il collo alla vita’.
La abilità di Guglielmo Campione è quella di spingerti dentro
la storia a ritmo di rock, direi, attraverso le capillari descrizioni che non
amano mezze misure, ti sospingono, quasi obbligano a figurarti quelle strade,
quegli angoli, gli abiti, i profumi, i personaggi attraverso i loro soprannomi
incollati per sempre addosso dagli amici; qualsiasi dettaglio è così
meticolosamente precisato che non può non balzarti davanti agli occhi. Ha una
memoria straordinaria l’autore e te la sa trasferire sapientemente toccando
tutte le corde, anche per chi, come me, non ha frequentato quei luoghi e quel
quartiere, ma quegli anni li ha vissuti, da ragazza. Ma è l’intreccio delle
storie individuali e di gruppo, e non solo, che è ordito sotto lo scorrere in
superficie del racconto a farti restare viva quella domanda iniziale e a farti fluire
veloce tra le pagine. Una cosa è certa: il nome Arax fino al tredicesimo capitolo è
assente. Certo, all’ottavo è comparsa una ragazza diversa dalle altre, una
Barbie, ma con le labbra carnose, cioè vera, con abito rosso lungo e
scollato. -No, non sarà lei-, pensi. Ha
un altro nome.
La storia continua nei
suoi rimandi puntuali al vero della vita: palpitazioni, speranze, passioni,
rimpianti, inganni, e la musica ne è il fil rouge.
Ma la domanda resta, nascono pronostici mentali su quale tra
le moltissime canzoni citate e scritte, parola per parola, anche in traduzione
se straniere, sarà quella promessa nel titolo.
E, soprattutto, perché questa Arax , che ormai affiora tra le
righe, va salvata?
Fondamentale e prezioso nella trama è il puntuale rimando
anche alla grande storia.
Saper coniugare macro e
microstoria, quella dell’Uomo e quella degli Uomini è caratteristico di chi
è di ampie vedute, sensibile, attento allo sguardo inclusivo e sa abbracciare
il più ampio scenario della storia sociale e antropologica. E’ il caso dei tragici eventi dei genocidi degli Armeni,
che affiora dal profondo della storia individuale di un personaggio del libro e
ne stravolge l’esistenza. Che salto! Che peso specifico assume la narrazione
della microstoria barese alla luce di questa più ampia scenografia dei
macro-eventi, dei quali peraltro, si parla così poco ancora, finanche nelle
scuole! Non dimentichiamo che una comunità di Armeni si è integrata con la
popolazione barese sin dal 1924 nel villaggio di Nor Arax di cui si parla nel
libro. L’intensità della narrazione che
anima il racconto acquista dunque uno spessore maggiore senza tuttavia intaccare
o intorpidire la leggerezza espositiva, cifra stilistica di questo romanzo.
Non viene tralasciato neanche l’aspetto psicoanalitico del
senso della colpa e del riscatto dal dolore che ha permanenze
transgenerazionali e produce atti terribili, che si pagano in prima persona e
cercano salvezza. Alla fine quella salvezza si trova, ce lo garantiva il
titolo, ma dove? In quale brano? E dopo quante peripezie che si dipanano
intersecandosi tra le storie dei singoli personaggi, che ormai conosci e hai
vivi davanti agli occhi e ti avvincono, giungerà la salvezza, che è salvezza
profonda, dell’anima, è riscatto dalla colpa e dalla pena che la accompagna?
Non voglio svelare quella canzone perché è molto più di una
canzone, è una poesia. Era quello che ancora mancava al romanzo nel quale
emerge tutta la complessità e poliedricità della personalità del suo autore: la
sua professione di psichiatra, le tante e diversificate passioni, dalla musica
allo studio della Storia, alla poesia, al collezionismo e tanto altro ancora mescolate
tra loro indissolubilmente e sempre rimeditate, vivificate da una capacità
mnemonica non comune, dote forse di chi ha sempre vissuto e vive con
incredibile attenzione e passione verso tutto e tutti.
E non è allora un caso che sia una poesia la canzone
che salva Arax, perché quella comunità di armeni del villaggio barese di Nor
Arax è stata sostenuta e salvata da un poeta, armeno egli stesso, Hrand
Nazariantz, il primo armeno ad
arrivare a Bari nel 1913;
grazie a lui sono stati risparmiati dalla morte, cui non scamparono moltissimi
dei loro connazionali.
Il cerchio si chiude e
mi fa pensare a una verità che ho sulla pelle e nel cuore.
La poesia salva, sempre.
Chiara Troccoli Previati è nata a Bari nel 1958.
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