Octapia ,recensione di Rosanna Galtieri

A Etretat, borgo marinaro nella Normandia occupata dai nazisti, nel 1944, il giovane pescatore Nicholas, impegnato nella Resistenza, vive una vicenda ai confini tra vita reale  e sogno, così intensa, anche nella dimensione immaginaria, da rendere indistinguibili tali confini. 

Egli, infatti, si innamora della selkie Octapia, una creatura marina che assume però anche sembianze femminili, una donna-foca. 

L’idillio prosegue tra le insidie di altre creature fantastiche e le urgenze della dimensione reale e storica, fino a quando quest’ultima, rimasta inizialmente sullo sfondo, sembra prevalere nel finale che, comunque, rimane aperto. 

In questo racconto, si colgono elementi ricorrenti  anche in altre opere dell’autore, tra cui la presenza del mare, non a caso un tutt’uno con il sogno e con il desiderio implicito di attingere ad una dimensione profonda, in qualche modo più autentica e più soddisfacente di quella reale e storica, qui emblematicamente rappresentata dall’occupazione nazista.  

Il mare evoca la dimensione onirica, il desiderio,  la nostalgia di una realtà immaginale, ovvero della fusione di immaginario e reale che caratterizzava il sentire degli antichi, ma anche la paura della perdita del controllo che tale complesso variegato di elementi comporta. 

Ho trovato molto efficace il contrappunto tra  leggenda, mito, aspetto favolistico e storia. Anche in Santina Favolla era presente e la storia non riguardava solo i grandi eventi, ma la condizione dei ceti popolari.

Come si legge comunque a conclusione nella postfazione, non possono, almeno per ora, che rimanere inevase le tante domande  sulla dimensione del sogno e, di conseguenza, sulla nostra esistenza.

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