Guglielmo Campione L’essere scritto dello scrittore.








La mia esperienza di scrittore mi ha avvicinato alla comprensione dell'esperienza della dissociazione creativa di cui quest'opera intende occuparsi.


Gilbert Rouget (1) descrisse meritoriamente, dal punto di vista dell'antropologia culturale, la fenomenologia dell'estasi e della trance come fenomeni mentali umani in cui possiamo sperimentare una diversa esperienza del soggetto.

L'estasi, per Rouget, è un certo tipo di stato modificato di coscienza raggiunto nel silenzio, l’immobilità e la solitudine (classicamente con tecniche repiratorie e meditative).

La trance, uno stato a cui si perviene unicamente in condizioni rumorose, agitate e in compagnia di  altre persone  attraverso la danza, la musica e l'uso di sostanze psicotrope.

Lo spossessamento dell'io è il nucleo centrale dell'esperienze di entrambe.

Nel Timeo Platone aveva differenziato le malattie  in soma nosemata e  psiche nosemata, a loro volta differenziate in anoia (stoltezza), mania (follia) e amanthia (ignoranza).

La manìa (la Trance di possessione per Rouget) è la manifestazione dell’entusiasmo (en-theos), letteralmente l’entrata di una divinità nel soggetto, che ne è pertanto posseduto (katechomenos).

Le Trance possono essere emozionali o eccitative e, a secondo del ruolo  dell’ascoltatore, passive o attive o più precisamente indotte o condotte : il soggetto è “musicato o è “musicante. Una distinzione interessante questa, che apre delle prospettive.

La scrittura letteraria, in particolar modo poetica, può a mio parere essere un'altra importante esperienza di modificazione della coscienza che in quanto solitaria è piu estatica nel senso rougettiano.

Lo scrittore da questo punto di vista è lo sciamano musicante che è autore del proprio ingresso in trance e non dipende da altri che cantano o suonano il tamburo come nel caso della trance di possessione. Anche lo scrittore da questo punto di vista s'induce da solo la modificazione dello stato di coscienza e di conseguenza può venir scritto ,per cosi dire, più che scrivere. Egli cioè può essere consapevole del presente , attingere alla memoria del passato e programmare un futuro, in questo avendo il proprio io in regia oppure rappresentare personaggi e situazioni che nascono, crescono e poi possono misteriosamente autonomizzarsi e chiedere di condurlo dove dicono loro  E nel far ciò, lo scrittore vive questa esperienza del mistero dell’essere scritto come del tutto nuova rispetto alle precedenti.

Scrivere è cioè poter fare esperienza dello stato di flusso.

Il termine flusso è stato introdotto, nell'accezione psicologica, da William James, nella sua celebre opera Principi di psicologia. James introducendo il concetto di flusso di pensiero intendeva sostenere che il pensiero è continuo mentre la coscienza è simile alla vita di un uccello, un'alternativa di voli e di riposi. I punti di riposo sono occupati da immagini sensoriali, i punti che corrispondono ai voli, invece, sono occupati da pensieri di relazioni, statiche o dinamiche, che si formano per la maggior parte fra i fatti considerati nei periodi di relativo riposo. (2)

Nello scrivere, per lo meno nella fase piu creativa e libera della composizione, possiamo vivere la trascendenza del „come se“ i confini del sé si fossero espansi. Come un marinaio che si sente tutt'uno con il vento, il mare e la barca , un musicista che sente un misterioso senso di universale armonia. In questi momenti la coscienza del tempo scompare e le ore sembrano volare via senza accorgersene. Agli estremi di questa esperienza spesso ci sono l'ansia e la noia dell’insignificanza.

Lo stato di flusso è una dimensione nella quale si abbandona un Io rigido legato a memoria e desideri, a favore di un Io più fluido, abbandonato al vissuto del fluire. Come osserva C. Tart, ci troviamo in un altro stato di coscienza, rispetto a quello ordinario, che è caratterizzato da un proprio pensiero, da una logica propria, da un tempo proprio, da un linguaggio proprio, da una memoria specifica di quello stato. Il passaggio ad esso è regolato dall'entrata in una sorta di silenzio interiore. Il silenzio consente di fermare l'ordine in cui gli eventi si presentano: è la realizzazione dell' hic-et-nunc.(3) 

Lo stato di flusso tipico dello scrittore è caratterizzato anche dall’intensa significatività di ciò che fa, una sorta di stato di grazia e di pienezza che lo attraversa. Eliminando la tensione emotiva, l’ispirazione fluisce, si raggiunge uno stato simil estatico in cui la mente è tranquilla perché stimoli ed inibizioni sono in accordo con la necessità del momento. L’estasi deriva dalla concentrazione prolungata (la meditazione puo essere un valido supporto), la condizione base per lo stato di Flusso.(4)

Intorno a questi temi va detto che già nel 1915, Luis Aragon e André Breton, studenti in medicina, interessati alla neurologia e alla psichiatria, ebbero da   dire cose interessanti, pur se da un'altra prospettiva; quella dell’inconscio psicoanalitico. A quei tempi Pierre Janet, professore al Collège de France e, all’epoca, figura di spicco della psicologia, nel suo saggio “Automatisme psychologicque” del 1889, sosteneva il ruolo fondamentale dei traumi psicologici sulla frammentazione (dissociazione)dello spirito e anticipava di poco Freud nell’affermare l’importanza dei ricordi inconsci nella quotidianità.

Su questa scia intellettuale e culturale, nel 1924, Breton formulò il noto manifesto del surrealismo, definendolo “un automatismo psichico puro per mezzo del quale ci si propone di esprimere, o verbalmente, o per iscritto, o in qualsiasi altro modo, il funzionamento reale del pensiero, in assenza d’ogni controllo esercitato dalla ragione, al di fuori d’ogni preoccupazione estetica o morale" . I surrealisti, quindi,  cominciarono a considerare la creatività automatica come una forma di attività artistica superiore, l’unica in grado di raggiungere la fonte della creazione poetica suprema, svincolata dalla tirannia della ragione, appellandosi all' universo inconscio  teorizzato da Freud. Breton, in realtà, aveva letto solo documenti di seconda mano riguardo Freud e le sue teorie, anche perché lui, così come la maggior parte dei suoi colleghi, non conosceva il tedesco. Nel 1921, decise di fare un viaggio a Vienna proprio per incontrare il mitico padre della psicoanalisi, il quale però pare lo ricevette piuttosto sbrigativamente, liquidandolo con una compassionevole pacca sulla spalla. Nonostante la sua delusione, Breton sostenne la psicoanalisi, sopportando anche le forti e continue tensioni ideologiche tra il movimento surrealista e quello psicoanalitico. I surrealisti, infatti, non hanno mai sposato uno dei concetti fondamentali della psicoanalisi, quello del complesso d’Edipo, definendolo come una ridicola uniforme per un astratto manichino.

Era il sogno l’anima del surrealismo.

Così Freud, consapevole del crescente riconoscimento che questi giovani sobillatori stavano conquistando anche in virtù di alcune sue teorie, cominciò a intrattenere una fitta corrispondenza con Breton. L’argomento fondamentale del loro epistolario era la relazione tra sogno e creazione artistica e, pare, che il tono tra i due fosse sempre piuttosto teso, reciprocamente sfidante come fossero due duellanti calamitati da sentimenti contrapposti d’amore e odio, sempre in bilico tra l’ironico e il pedante. Breton fu comunque fino all’ultimo un ammiratore di Freud, pur mantenendo una certa distanza dalle sue teorie.

D’altro canto,come sottolinea Paola Cerana, anche la psicoanalisi è stata fortemente influenzata dal surrealismo. Jacques Lacan s’ispirò quasi certamente a Salvador Dalì nel suo famoso metodo della critica paranoica e gli stessi concetti di dialettica del desiderio, immaginario e inconscio strutturato sembrano ispirarsi in tutto e per tutto a due opere di Breton, L’Amour fou e Le message automaticque.(5)


Io ritengo che la scrittura in quanto corpo stia in rapporto con l’elemento incorporeo psichico come tutto ciò che porta "il peso e l’inerzia della materia". Cosi essa, ad esempio, può farsi pesante sotto il peso di un’anima gravida di vissuti angoscianti o farsi arzigogolata e barocca simultaneamente ad un essere lezioso e mellifluo dell’anima.

Nel far ciò la scrittura si presta infatti usando parole, vocaboli e dunque convenzioni. In quest’uso dello scrivere la comunicazione avviene ancora sotto il beneplacito della tendenza raziocinante emisferica cerebrale sinistra (6) e dunque classicamente dell'io. D’altro canto il vocabolo non è certo l’unico medium utilizzabile in scrittura : v’è cioè un parlare, un sussurrare sottile attraverso il ritmo e la melodia e dunque attraverso la musicalità del testo: un cantare la gioia e la melanconia attraverso un ritmo narrativo vivace o monotono. In questo riconciliarsi con universi semantici simbolici e non verbali, l’ascolto si fa piu attento e la vista "torna a vedere."

Un fulmine è non solo un chiarore fra bui ,ma anche un presente tra passati e futuri, uno schiocco fra silenzi,un celeste fra neri e blu di prussia, e cosi ugualmente un’intuizione, un’ idea ,un flash back.

Quale più fedele mezzo per comunicare attraverso l’occhio e l’inchiostro personale che vuole trascendersi se non comporre l’immagine con la stessa brevità e velocità del fulmine?

E' quello che si deve essere chiesto James Joyce nell'“Ulisse“(7) inaugurando la scrittura a "stream of consciousness" ma anche Jack Kerouac in "On the road"(8). L’emisfero sinistro logico analitico e consequenziale che si esprime con le sue parole e punteggiature viene qui by passato in favore dell’emisfero destro intuitivo ,che ignora le divisioni spaziali /temporali del testo ,privilegiando la percezione olistica delle parole insieme alla loro musica. Attraverso ciò il compositore e il suo interlocutore possono giungono prima e meglio al cuore delle cose.

D'altronde la scrittura è metafora di un tempo soggettivo :" « Un'ora, non è solo un'ora, è un vaso colmo di profumi, di suoni, di progetti, di climi». (9)

Un tempo di coscienza  fatto di istanti eterni , di blocchi , di deja vù che scorrono come un fiume carsico , sotto il tempo meccanico digitale dei timer della produzione . Un tempo soggettivo che dà piu il senso dell’esistenza e all'esistenza.

L'Aiòn di Platone: il tempo interiore, coscienziale, che non ammette delimitazioni cronotopiche, ma è spazio della mente compenetrata nel Tiamat primordiale della religione sumera, un Io non ancora individuale immerso nella Consapevolezza Universale.).

Penso anche all'esperienza di leggere i miei testi poetici tradotti in latino, greco antico, tedesco, inglese, francese, portoghese e spagnolo: un'esperienza perturbante. Uso questo termine nell'accezione che ne diede Sigmund Freud nel 1919 per esprimere in ambito estetico una particolare attitudine del sentimento più generico della paura , che si sviluppa quando una cosa (o una persona, una impressione, un fatto o una situazione) viene avvertita come familiare ed estranea allo stesso tempo cagionando spaesamento.

Come se la traduzione avesse aperto nuove porte all’attribuzione di nuovi significati attraverso la nuova prosodia intrinseca alla nuova lingua in cui i testi apparivano tradotti per la prima volta dinanzi ai miei occhi. Sentire suonare in lingue diverse i propri testi, è stato come sentirli per la prima volta: una nuova nascita. Ma quante vite hanno essi allora. Mi sono chiesto? Possibile che io abbia scritto questo? Quale io ? Misteri delle lingue umane!

Della scrittura poetica mi affascina la prosodia, quel che unisce musica e parola, uno degli aspetti protomentali dell'esperienza umana. Mauro Mancia a proposito della musicalità del transfert in psicoanalisi usava il termine "sentire le parole"provenire dagli Archivi sonori della memoria implicita:“Ho così ridimensionato l’attenzione per la semantica delle parole, ma ho accentuato l’interesse per la loro musicalità. Questo mi ha permesso di acquisire una particolare sensibilità all’infraverbale, cioè non solo alle cose dette dal paziente, ma come vengono dette, al tono, timbro, volume della sua voce e alla struttura del suo linguaggio. Ciò è importante perché nel transfert questi elementi della comunicazione ripetono modalità comunicative che hanno caratterizzato precocemente la relazione madre/bambino e che sono state veicolo di affetti ed emozioni non ricordabili perchè a quell’epoca non si è ancora fortmato l’ippocampo struttura cerebrale fondamentale della memoria. Per questo motivo si parla di un inconscio non rimosso protomentale e di un inconscio rimosso successivo nell’evoluzione. L’inconscio rimosso, non permettendo il ricordo, si manifesta attraverso la musicalità del transfert e attraverso le funzioni simboliche del sogno“.(10)

D’altronde ,già dalla ventiquattresima settimana di vita nostra madre ci si è rivelata attraverso i suoi rumori organici, viscerali, ma soprattutto tramite la voce. Abbiamo assorbito tutta la sostanza affettiva di quella voce,  ne siamo stati impregnati; allora il desiderio di comunicare non era altro allora che il desiderio di non interrompere, o eventualmente di rinnovare, una relazione acustica con nostra madre così soddisfacente. Siamo stati immersi in un universo sonoro di rumori interni in cui ogni tanto faceva capolino la musica della sua voce. Per ritrovare l'universo musicale impregnato della voce materna abbiamo imparato a tendere l'orecchio perché potessimo instaurare nuovamente il dialogo con quella musica . Già nelle prime ore dopo la nascita abbiamo riconosciuto la sua voce rispetto a quella di altre donne e rispetto alla voce di nostro padre. .Parafrasando l’incipit del Vangelo secondo San Giovanni “in principio era il suono", Franco Fornari in Psicoanalisi della Musica (11) scrisse :” e il suono era presso la Madre, e il suono era la Madre”. D'altronde è  certo: la prosodia è la prima percezione, e la prosodia d'una lingua s'apprende in amnios : i bambini francesi piangono secondo la prosodia della lingua francese e cosi gli inglesi, gli italiani, i tedeschi e cosi via.

Come canta Pedro Solinas in "La voce a te dovuta ": 


Sì, al di là della gente

ti cerco.

Non nel tuo nome, se lo dicono,

non nella tua immagine, se la dipingono.

Al di là, più in là, più oltre.

Al di là di te ti cerco

Non nel tuo specchio e nella tua scrittura,

nella tua anima nemmeno.

Di là, più oltre.

Al di là, ancora, più oltre

di me ti cerco.

Non sei

ciò che io sento di te.

Non sei

ciò che mi sta palpitando

con sangue mio nelle vene,

e non è me.

Al di là, più oltre ti cerco”.


Il linguaggio della poesia è una danza continua tra la prosodia, la musica della parola, e il suo significato. In questa perenne oscillazione nulla più appare definito e una volta per tutte. Se la mente programma, calcola , infatti, la musica della parola che è musica del cuore, non conoscendo calcoli e opportunità, non mente mai”.

L’emergere interiore della parola poetica è uno di quei momenti in cui si può sperimentare il lasciar andare la guida dell'io, avere fiducia nell’intangibile che t'ha scelto come veicolo, solo leggendo i suoi segni non logici e imprevedibili nel Mondo e nella nostra vita.

Ci si lascia guidare da una voce arcana e misteriosa, seguendola come “parola che guida i miei Passi, come luce sul Mio cammino”, come dice il Salmo 118 e si risponde : 

"Mi fido di Te, Parola, ti ascolto, dialogo con Te anche se non sei un ragionamento ma non per questo sei da negare.

Insieme alla Parola, sogno".


((Immagine by Chiara Troccoli Previati)


Bibliografia.


Rouget  G., Musica e trance“ Einaudi, 2019


James W., Principi di psicologia, Principato, 2004


Tart C., Stati di coscienza,Ubaldini, 1977


Csikszentmihalyi M., Esperienza ottimale: studi psicologici sul flusso nella coscienza,  Cambridge: Cambridge University Press, 1988.


Cerana P., Psicoanalisi e surrealismo, la strana coppia https://www.outsidernews.it/psicoanalisi-e-surrealismo-la-strana-coppia/, 2012.


Erdman E., D.Stover, Beyond a world divided: human values in the brain mind science of Roger Sperry , Iuniverse.com, 1991


Joyce J., Ulisse, Mondadori,1984


Kerouac J., Sulla strada, Mondadori, 1995


Bergson H., C. Riquier Storia dell'idea di tempo, Mimesis.2019


Mancia M., “Sentire le parole. Archivi sonori della memoria implicita e musicalità del  Transfert”, Boringhieri 2004.


Fornari F., Psicoanalisi della musica, Feltrinelli 1984.

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Guglielmo Campione .

Bari 1957 .

Ha compiuto studi classici presso il Liceo Quinto Orazio Flacco di Bari, allievo del filosofo Fabrizio Canfora. Dal 1976 vive e lavora a Milano come medico psichiatra, psicoanalista, scrittore, musicista e blogger. E’ stato collaboratore del neurofisiologo dell’estasi Marco Margnelli. Premio letterario Poesia 2019 Città di Castello,è autore di libri di psichiatria, psicoanalisi , poesia, racconti  e romanzi.

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