IN USCITA NUOVO ROMANZO : FULGENZIA CUORE DI BOSCO


La storia della Contessina Fulgenzia Nicolai che racconto in questo romanzo è frutto della mia fantasia di scrittore ma basata tuttavia saldamente sullo studio storico preliminare del periodo della nascita dell'Unità d'Italia.

Nel febbraio del 1861, con la capitolazione di Gaeta, ultima roccaforte borbonica, il Regno delle Due Sicilie era cessato infatti di esistere e Francesco II, ultimo Re di Napoli, riparava a Roma, ospite dello Stato Pontificio.

 Il 17 marzo 1861 fu il momento della svolta: Vittorio Emanuele II, già Re di Sardegna, proclamò la nascita dello stato italiano unitario assumendone la guida come Re d'Italia.

La storia di Fulgenzia, prima Contessa e poi Brigantessa per una sua scelta è una storia del tutto diversa da quella delle brigantesse storiche perchè esse erano in realtà tutte figlie di contadini. Essa è, quindi, prima di tutto il frutto della mia fantasia e interpretazione di quel periodo storico, dei sentimenti e della psicologia che lo animarono, lo afflissero e lo infiammarono sullo sfondo della Murgia Pugliese intorno a Minervino e Spinazzola.

Fulgenzia cuore di bosco è nei miei intendimenti anche una storia moderna nella misura in cui, come scrivo appositamente e ampiamente nella postfazione psicologica, che chiude il volume, tratta temi psicologici importanti come il potere e le sue perversioni, il difficile rapporto fra genitori e figli, la problematicità dell'adozione, la trasgressione adolescenziale attraverso scelte antisociali, la trasmissione di segreti transgenerazionali, le vendette, il ruolo del destino nei suoi aspetti soprannaturali e non razionali e quello del disvelamento delle verità, problematiche che non diversamente dal 1860 sono tutt'oggi presenti, pur con modalità naturalmente diverse







 

UNO SGUARDO DI LUCE SU SAN NICOLA:I DISEGNI DEI BAMBINI DELLA SCUOLA RUSSA DI KITHEZGRAD DIRETTI DALLA MAESTRA MARIANNA ANATOLYEVNA - conferenza e saggio a cura di Chiara Troccoli Previati , Museo di Santa Scolastica di Bari, 22 MAGGIO 2023

La mostra sui disegni di San Nicola, eseguiti da bambini Russi di Kithezgrad dai cinque anni all’adolescenza coordinati dalla Maestra Marianna Anatolyevna.,esposti al Museo di Santa Scolastica di Bari nel mese di maggio 2023  è stata una festa dello sguardo.

Qualcosa inizia a pulsare dentro chi percepisce queste opere, attraverso lo sguardo e non può non restare colpito dal trionfo dei colori come fiori sparati da un cannone

Siamo qui di fronte a opere d’arte che ‘significano’, sono, rivelano, vogliono essere, raccontano, e restano, per la loro pura, autentica, forza espressiva, una meravigliosa gioia dell’apparire.

Nello spazio rivelato di queste opere d’arte ci si apre davanti agli occhi un mondo senza distanze, che vuole tessere legami, che trapassa la realtà tangibile e parla di un oltre che ci appartiene, tutti.

Perché davanti a queste opere in noi accade qualcosa che ci smuove?

 Perché qualcosa è accaduto prima che fossero create.
Dietro queste opere d’arte c’è l’amore, la passione di una Maestra d’arte che nella sua scuola di Kithezgrad accoglie e accende il cuore di bambini dai cinque anni all’adolescenza desiderosi di esprimersi attraverso l’arte, pittorica e non solo: Marianna Anatolyevna.


L’amore è come l’arte, un atto creativo, generativo. In questo atto, duplice, d’amore per l’arte, per la trasmissione di conoscenze, certo non solo tecniche, da parte della Maestra verso i giovani allievi e di creazione artistica conseguente dei piccoli artisti, avviene un incontro, si crea una reciprocità che si manifesta attraverso la luce; luce che poi si riflette e illumina chi guarda l’opera.

E così l’opera continua in noi che veniamo investiti da quella luce facendone esperienza personale. Avviene insomma una reciprocità dello sguardo.

Così come nelle icone, dove la prospettiva inversa fa affacciare il divino nello spazio-tempo dell’umano.

Cosa è la prospettiva invertita?:

le linee non vengono tracciate per convergere in un punto all’interno dell’icona bensì al suo esterno. Questo significa che le linee si dirigono in direzione inversa rispetto alla prospettiva centrale, convergendo in un punto che non si trova dietro il quadro ma davanti ad esso. Si ha l’impressione che la scena venga verso lo spettatore quasi ad incontrarlo. E qui sta il significato teologico di questa scelta. É Dio che ha l’iniziativa, è Lui che viene verso l’uomo per rivelarglisi. Il fondo oro delle icone riflette la sacralità dello spazio divino.

Chi guarda l’opera fa una esperienza di luce che gli viene incontro: le icone bizantine, russe, sono le “finestre” da cui il divino si affaccia.
Quindi la grammatica compositiva dello spazio delle icone è completamente diversa da quella occidentale. 

 Gli accorgimenti che mirano al naturalismo della rappresentazione, cioè che costruiscono l’illusione di realtà, come l’uso della prospettiva di tradizione occidentale, del chiaroscuro, della tridimensionalità, dell’armonia delle parti, non fanno parte dell’iconografia orientale in quanto ritenuti contrari alla natura sacra dell’icona.


La prospettiva rovesciata, proprio perché situa il punto di fuga in avanti, crea un coinvolgimento dell’osservatore nella scena rappresentata.

Non è il credente a guardare l’icona, ma è il volto iconico che guarda il credente.




                                   Icona della Trinità di Rublev, 1430ca.                                                     


Prospettiva Invertita, delle icone lineare,centrale

Una osservazione anche sul gigantismo del personaggio sacro nel contesto della scena: il sacro essendo una manifestazione oltre lo spazio reale non rispetta i canoni proporzionali tradizionali. Questo avveniva anche nell’arte occidentale prima del ‘vincolo ‘ del rispetto della prospettiva.



Nelle icone avviene sempre.

                 



    Icona dono di Re Urosio  III   di Serbia   alla Basilica di Bari, XIV sec.

                    


Ora questa precisazione sul mondo delle icone mi serve per dire come questi bambini della Scuola d’arte abbiano dentro tutte queste conoscenze, ne sono a contatto visivo e culturale sin dal grembo materno, e noi ne ritroviamo i tratti caratteristici nelle loro manifestazioni artistiche. Loro sanno esprimere tutto il mistero dell’icona. Altro importante canone cui aderiscono, naturalmente, è la frontalità del personaggio sacro rappresentato. Ci deve essere un rapporto diretto di sguardo tra il riguardante e il volto santo che non può essere rappresentato di profilo. Il corpo può essere di tre quarti ma il volto deve essere frontale. Guardate come loro salvaguardano sempre lo sguardo evocativo del sacro, dell’oltre, nei loro San Nicola.


                       


                 




 In particolare, alcuni trasmettono la doppia ricchezza, dello sguardo al mondo attraverso un occhio e all’infinito con l’altro, come nella celebre icona del Pantocratore del Sinai del VI sec.



Guardiamo ora questa interpretazione tutta personale e tenerissima della Vergine Panaghia Platytera(tutta santa che contiene il cielo) Nel clipeo del bimbo ci sono lui e la sua mamma.

 

 





Tradizionalissima l’impronta di questo dipinto ma con la capacità di rendere vero il santo attraverso il chiaroscuro, la cura del dettaglio della veste, dell’evangeliario e del medaglione con Cristo.

Guardate il particolare della porzione di nuvole e cielo che separa Cristo e la Vergine dal Santo, identica all’icona.

 


                     

Questo bambino, Denis, ha talmente ingrandito l’aureola attorno a questo volto così ieratico, dal quale promana la luce dorata che solitamente troviamo nel fondo delle icone, da inserirne la scritta- SAN NICOLA - IL MIRACOLOSO-  all’interno, (solitamente si trova all’esterno dell’aureola) rendendo semplice ma espressionista la pennellata della veste (senza croci) e dello sfondo, nei colori complementari del rosso e verde tanto da permetterci di concentrare lo sguardo sulla luce del Santo.


 O la preziosità di una veste vescovile così ricca reinterpretata con dettagli e colori squillanti come fanno Kristina e Anastasia.





Ma queste opere sono originali e modernissime perché a queste conoscenze e a questo rispetto innato della loro tradizione iconografica hanno aggiunto la conoscenza e la scoperta dell’arte moderna dell’800 e del ‘900 presente nei Musei russi, basti L’Ermitage di San Pietroburgo.

Ecco una sequenza di opere presenti all’Ermitage che possono farci comprendere la fonte della modernità e vivacità dei quadri in mostra senza dimenticare che questa operazione di sintesi possiamo tradurla come spunto riflessivo di unione di cultura, di tradizione espressiva e di fede.


               

Van Gogh, Casa bianca di notte, 1890


                            

Matisse, Armonia in rosso, 1908


                                 

                           

Guardate qui la sintesi espressiva alla Matisse e la pennellata vibrante di Cezanne nel prato.


                               

                                                Cezanne, Mont Sainte-Victoire,1898 

                                  

Cezanne, Il grande pino, 1897





Cezanne, Blue landscape, 1904-6






Matisse, Vista di Collioure, 1905






Le figure dentro il portale, contro la luce divina interna, sono macchie impressioniste.



C. Pissarro, Festival,1876






Nell’opera di Ilya riecheggia il blu di Chagall, che è molto più di un colore, è il trionfo della vita e della spiritualità, è l’anima dell’uomo grato a Dio. Inoltre, qui ritrovo ‘l’apparizione’ del volto del nostro Santo come un’epifania; solo il volto, non tutto il corpo a indicare la sua presenza anche nell’assenza visibile, come in tante opere di Chagall, pittore russo ebreo, dove spesso i volti fluttuano nell’azzurro, in un incontro celeste.





Chagall, Paesaggio in blu,1949


Osservate l’idea di proiettare l’ombra della nuvola in cielo nel mare come in Emile Nolde, espressionista norvegese, puro colore di un cielo nel quale a sinistra appare chiara la luce solare in prossimità della caravella.






E.Nolde, Mare, 1946






Questo cielo al tramonto che si riverbera sul mare in tempesta, placato dal Santo, riecheggia i cieli al tramonto dei mosaici di età paleocristiana che indicavano la fine del tempo terreno e l’inizio del tempo eterno.

 



Catino absidale dei SS. Cosma e Damiano, Roma, VII sec.

 

La visione di queste opere d’arte cui sono stati guidati dalla loro straordinaria Maestra Marianna, li ha portati alla possibilità e capacità di esprimersi innanzitutto con colori prorompenti, con pennellate vigorose e sempre personali ma soprattutto a usare il colore come mezzo espressivo dello spirito e della luce del Santo nella scena rappresentata, facendo emergere implicitamente la loro pura luce interiore.


                                                                                    

Chiara Troccoli Previati, 22 maggio 2023.

 





 

 

 


        

                                                                                    

 










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GUGLIELMO CAMPIONE " IL CANCELLO DEL CORAGGIO "



Un volume pensato per gli amanti di un genere senza un’origine temporale ben precisa, che affascina e spaventa allo stesso tempo, e per chi ama fantasticare nella paura e nell’occulto.

 Le storie qui raccolte, pervase dal senso del mistero e dell’ignoto, ci raccontano di circostanze non razionali, di elementi soprannaturali, presenze inquietanti, tra scenari notturni e ambientazioni macabre che destabilizzano e disorientano il lettore. 

Queste pagine, dal clima narrativo cupo e teso, gli consentiranno di allontanarsi da quella normalità così banale e monotona…

IL MISTERO : QUESTO SFUGGENTE CONOSCIUTO di Genevieve Maltese

 


IL MISTERO QUESTO SFUGGENTE CONOSCIUTO

 

Del termine mistero conosciamo diversi attributi: arcano, cabalistico, criptico, enigmatico, ermetico, impenetrabile, imperscrutabile, incomprensibile, indecifrabile, inesplicabile, nascosto, occulto, oscuro, sconosciuto, segreto, inesplicabile. Quanto rimane escluso dalle normali possibilità intuitive o conoscitive dell'intelletto umano o ne preclude un orientamento ragionevole.

Quel che provoca una reazione di incertezza talvolta ansiosa e penosa, talaltra non priva di fascino.

 

L'etimologia della parola mistero si riallaccia al latino mysterium, dal greco μυστήριον (mystérion) = segreto, arcano, a sua volta da μύστης (mýstēs) = iniziato, termine che trae origine da μύω (myō) o μυεω (myeō) = sto chiuso o mi chiudo. Il termine greco Mysteria indica l'assoluta segretezza delle pratiche rituali: secondo l' etimologia esso allude al fatto che chi partecipa a tali riti deve appunto chiudere la bocca (myein) e non rivelare ciò che ha visto e ha fatto. 

Per i Greci i Misteri erano infatti riti religiosi misterici che si celebravano ogni anno nel santuario di Demetra , la dea della terra, nell'antica città  greca di  Eleusi il più famoso dei riti religiosi segreti dell'antica Grecia. Alla loro base vi era un antico culto agrario.

I misteri rappresentavano il mito del rapimento di Persefone dalla madre Demetra da parte del re degli inferi Ade, il dio dei morti, in un ciclo a tre fasi; la discesa (perdita), la ricerca e l'ascesa di Persefone e la riunione con sua madre. I misteri eleusini, come l'orfismo e i misteri dionisiaci, avevano le loro remote radici a Creta e in Asia. I riti, le cerimonie e le credenze furono tenuti segreti e costantemente preservati dall'antichità. Per gli iniziati, la rinascita di Persefone simboleggiava l'eternità della vita che scorre di generazione in generazione, e credevano che avrebbero avuto una ricompensa nell'aldilà. Poichè i Misteri coinvolgevano delle visioni e l'evocazione di un aldilà, alcuni studiosi ritengono che il potere e la longevità  dei Misteri Eleusini, un insieme coerente di riti, cerimonie ed esperienze che attraversavano due millenni, provenissero dall'uso di sostanze psichedeliche.

 

La narrazione della grande tradizione mitologica antica di tutte le culture del mondo e della tradizione fiabesca ha costituito la base per tutta la letteratura del mistero configurandosi come letteratura del simbolo, essendo il simbolo polisemantico e sfuggente per definizione, di non univoca interpretazione e quindi non sempre indagabile in temini razionali e scientifici dunque misterioso. Si pensi alla divinazione dei tarocchi: nel 1933 Carl Gustav Jung le definì "immagini psicologiche, simboli con cui si gioca, come l'inconscio sembra giocare con i suoi contenuti. Esse si combinano in certi modi, e le differenti combinazioni corrispondono al giocoso sviluppo degli eventi nella storia dell'umanità".

 

La letteratura esoterica ha attraversato diversi generi letterari spaziando dal paranormale all’astrologia, dallo spiritismo alle dottrine orientali,con un significato traslato che si riferisce a qualcosa di incomprensibile, accomunando scrittori di fama come William Somerset Maugham, Jorge Luis Borges, Dion Fortune, Honoré de Balzac e Novalis. I suoi ambienti sono le società segrete come i Rosa Croce e la Golden Dawn, la Società Teosofica e i laboratori alchimistici, i mondi sotterranei e le grandi capitali. I suoi temi vanno dalla Qabbalàh ebraica ai Mondi ipogei, dall’Androgino alla lotta fra magia bianca e nera e alle evocazioni del diavolo.

 

Alla base del grande sviluppo dei nostri attuali racconti di mistero e paura ci sono state, tra la fine del 700 e gli inizi dell'800 in Inghilterra, le Gothic Novels, i “romanzi gotici”, che guardavano più al soprannaturale che al crimine umano presentando già le caratteristiche del racconto di paura con ambientazione in castelli e rocche abbandonati, spesso in Italia. L’Italia era infatti considerata dagli scrittori inglesi come un luogo esotico, lontano, dove era possibile che avvenissero strani fenomeni sovrannaturali.

Su questa base nella cultura romantica successiva si sviluppò un forte interesse per il mistero, in base alla sua tendenza all’evasione e all’amore per l’eccezionalità: il mistero s‘associava a ciò che era ritenuto meraviglioso, irregolare, magico e fiabesco, primitivo, ma anche e soprattutto orrido, spettrale e notturno, caratteristiche che eccedevano la rigida normalità della società abitudinaria e mediocre borghese e della sua razionalità calcolatrice e strumentale. Tipica del romanticismo era non a caso la poetica della vaghezza, il rifiuto di tutto ciò che si presentava come logico, chiaro e distinto. Successivamente si sviluppò l'enigmaticità perturbante americana di Edgar Allan Poe, maestro assoluto del mistero psicologico. Da II gatto nero a Berenice, da II crollo della casa degli Usher a I delitti della rue Morgue, le atmosfere allucinate dei racconti del mistero si materializzavano nelle tavole ipnotiche e sospese sul filo dell'irrealtà dell'artista irlandese Harry Clarke, tra i maggiori illustratori del primo Novecento. Con la sua paradossale capacità di invenzione, Poe indagò le zone d'ombra nascoste dietro la normalità apparente delle nostre esistenze e diede vita a inquietanti discese nei recessi più bui dell'animo umano. E mentre episodi misteriosi, indizi fuorvianti e dettagli sinistri si intrecciavano in un inesorabile meccanismo narrativo, l'autore spingeva con lucida sottigliezza fino al limite che separava ragione e follia, lasciando in bilico i lettori - esattamente come le figure avvolte dall'oscurità di Clarke - tra il fascino e l'orrore di una realtà costruita sulla soglia dell'incubo. Seguì con lo sviluppo della scienza medica , psicologica e criminologica forenze il racconto del segreto, nel genere giallo e crime, approcciato con metodo scientifico come in Artur Conan Doyle l'autore di Sherlock Holmes in cui il famoso investigatore usava il metodo deduttivo scientifico scegliendo tra i molti possibili percorsi mentali quello che mostrava maggiore coerenza. Nel 900 venne la nascita di un'altra grande letteratura del mistero, quella della fantascienza che si è evoluta nel corso dei decenni in fantascienza tecnologica(Asimov), sociologica (Dick) e distopica fino ad arrivare alla recente letteratura cyber punk.

Severino Cagnin fa notare che"se in una biblioteca verifichiamo anche solo i titoli delle opere (la psicologia del linguaggio ci dice che sono spesso rivelatori del mondo profondo e indice di una scelta culturale dell'autore), troviamo negli indici annuali del mensile Letture un migliaio di opere che hanno nel titolo il lemma mistero o uno analogo della medesima area lessicale, come problema, buio, ombra, segreto. D'altronde il nucleo problematico in molti classici come La montagna incantata di Thomas Mann, l'Ulisse di Joyce, La coscienza di Zeno di Italo Svevo, Uno nessuno centomila di Pirandello o Il maestro e Margherita di Bulgakov, i romanzi di Bernanos e di Grahan Greene è il mistero del cuore umano.

 

In Italia non è mai esistita una grande tradizione del racconto di mistero, se escludiamo il genere fantascientifico, giallo e crime. Non c’è mai stato un Poe o un Lovecraft per intenderci. Ci sono però stati scrittori che, all’interno di una produzione letteraria più varia, hanno scritto anche racconti di mistero come Dino Buzzati e Luigi Pirandello, oppure racconti di paura come Mario Soldati, (Storie di spettri ,1962), Andrea Vitali (Parola di cadavere, 2011, Stefano Benni (Cari mostri ,2015).

Carlo Lucarelli è stato forse lo scrittore e sceneggiatore italiano contemporaneo che ha trattato il tema del mistero in modo piu ampio, non solo scrivendo gialli, polizieschi e crime, ma anche inchieste giornalisticche e politiche, (Mistero in blu, 1999, Misteri d'Italia, i casi di Blu notte 2002, Nuovi misteri d'Italia, i casi di Blu notte 2003, Misteri d'Italia di Blu notte 2008, Pasolini, Un Segreto Italiano, 2015).

Secondo Lucarelli la tecnica della letteratura del mistero deve osservare poche e precise regole, con le dovute eccezioni e con infinite variazioni sul tema, e non devono mancare tre cose: il mistero, il personaggio che indaga, il personaggio che nasconde. Il mistero deve essere irrisolto, inquietante, coinvolgente, originale e molto grave per cui la  sua soluzione è urgente o imperiosa, una questione di vitale importanza.

 

Nonostante, come abbiamo intravisto, il termine mistero abbia molti significati e ambiti in cui può svilupparsi e da cui può derivare, storicamente, da una certa epoca in poi, chi sa perchè, la sua accezione è parsa limitarsi alla rappresentazione dell'emozione e del pensiero della paura e in letteratura, cinema e tv quasi solo al genere giallo, crime ed horror. In tal modo la letteratura misteriosa viene in confinata e declinata solo nel romanzo di crimine come una suspense story. Queste storie di mistero iniziano con un crimine come il conflitto centrale e presentano indizi e sospetti in tutta la storia per consentire una risoluzione finale con deduzione logica.

Come sottolinea la psicoanalista Simona Argentieri:"Si potrebbe dire che la paura è un problema comunque basilare, fisiologicamente e strutturalmente immutabile, mentre cambiano semmai nelle varie epoche le paure nei loro aspetti fenomenici e contingenti, limitati, ma non per questo meno significativi(...) Il nostro organismo, nella sua indissolubile unità di psychè e soma, di corpo e mente, continua a funzionare sempre allo stesso modo, e le emozioni – con tutto il loro corredo di pallore, tremore, sudorazione – continuano a dominarci secondo le stesse antiche leggi, sia che subiamo un incidente d’auto, sia che facciamo un brutto sogno". 

 

Ma il mistero non è solo questione di paura. 

E i racconti di Misteri di Guglielmo Campione questo affermano: è molto, molto di più.

Al riguardo, molto opportunamente, Mirko Zilahy scrive opportunamente che “Il mondo che viviamo, trabocca sempre più di mistero e la scienza e la letteratura ne esplorano le tenebre immaginando linguaggi che raccontino, o spieghino e verifichino, gli abnormi sprazzi di buio che ci attendono. Dalla nebbia carica d’ombre che inghiotte milioni di anime e corpi in questo tempo liquido emerge una domanda semplice e impossibile, banale eppure necessaria con cui avremo a che fare, da uomini e da scrittori, per una lunga epoca a venire. Una domanda eterna e insinuante. Che cos’è il mistero? Dove si nasconde, in quali e quanti luoghi dimora il suo oscuro segreto? Quali spazi e che tempi dobbiamo indagare per scovarne una minima traccia? A questo interrogativo più o meno consciamente cerca risposta ogni essere vivente, e non, su questo pallido pianeta. E per mistero non s’intenda una mera declinazione del culto ma la meraviglia, l’angoscia e anche l’abisso. Perché ovunque si posi lo sguardo, là sta un mistero, se non il Mistero. Nell’alto dei cieli o a migliaia di chilometri sotto la crosta terrestre si cela quella domanda titanica, eppure ancora invisibile ai telescopi e alle immagini del sottosuolo che ci offrono le onde delle più potenti sonde geofoniche. L’astrofisica e la geologia indagano lo stesso orizzonte delle umane lettere con il medesimo obiettivo: trovare il mistero che le abita. E' solo il percorso che le divide – dove la scienza vuole svelare, togliere il velo e gettare luce, la letteratura desidera ri-velare. O ancora, la ricerca dell’alto e del basso si incontrano simbolicamente in un mysterium coniunctionis, in un’immagine profonda che dimora nello scantinato del nostro Io? L’uomo che ha smarrito il rapporto con l’inconscio in favore della nuova bidimensionalità virtuale può quindi operare una sintesi e rivolgere con gli strumenti della mente, dell’immaginazione, lo sguardo dentro di sé. Perché laggiù, in fondo alle latebre più fangose della coscienza, scopriremo la stessa sostanza di cui sono fatti i sogni siderali e le mere ipotesi geologiche. E forse è dentro di noi che può avvenire la riconciliazione tra quei due verbi di segno contrario, adoperando ciascuno i congegni di cui è dotato al servizio del proprio mistero, come ci spinge a fare Carl Gustav Jung: “Solo una cosa è utile: volgersi direttamente, senza pregiudizi e in piena sincerità, verso l’oscurità che si approssima, e cercare di scoprirne il segreto e ciò che pretende da noi”. E chissà se tornare a leggere dentro il nostro personale abisso ci permetterà infine di leggere simultaneamente tutti gli abissi possibili, cosmici e cavernosi in cerca della materia oscura da cui discendono tutte le cose vive e tutte le cose morte di questo fantasmatico multiverso".

 

In questa antologia l'autore ha voluto dare il suo contributo al tema riunendo, sotto il comun denominatore del mistero, 22 racconti  inediti ed editi.

Il suo merito, a mio parere, sta nel mostrare proprio l'aspetto multiforme del mistero che non può esaurirsi, come si diceva, solo nella reazione umana della paura. 

I misteri rappresentati in questi racconti sono, infatti, diveramente dal solito, tanti e tutti diversi: dal mistero dei profumi e dei cibi afodisiaci a quello degli enigmi psicologici posti dai sistemi degli antichi sistemi di divinazione, dal mistero del destino a quello dei segreti e delle vendette trans generazionali, dal mistero dei travestimenti del demonio a quello della metamorfosi umane reali o metaforiche, dal mistero degli omicidi a quello delle lettere anonime, dal mistero Paolino dell'Angelo travestito da viandante a quello del viaggio esoterico nel labirinto del corpo, dal mistero del pranzo simbolico rituale a quello dei poteri della mente sulla materia, dal mistero dei desideri terreni dei morti a quello dei poteri medianici, dal mistero della prostituzione sacra a quello dei luoghi senza tempo, dal mistero del confine fra metafora e realtà a quello dell'essere scritto dello scrittore, il mistero della trance creativa descritto nel saggio di postfazione dell'autore che chiude il volume.

 

A tal riguardo Giuseppe Zucco, citando la scrittrice Clarice Lispector, scrive: "Non mi è facile ricordare come è perché ho scritto un racconto o un romanzo. Dopo che essi si separano da me, anch’io mi sottraggo a loro. Non si tratta di “trance”, sembra piuttosto che la concentrazione dello scrivere annulli la coscienza di tutto ciò che non sia lo scrivere stesso. Sono dichiarazioni sorprendenti. Quale scrittore, oggi, delle sue opere, direbbe che non ricorda come e perché le ha scritte, che i propri libri sono un mistero, poiché sfuggono alla sua comprensione e alla sua coscienza? In un’epoca come la nostra, dove le librerie sono affollate di libri che raccolgono memorie e storie realmente accadute, in cui gli scrittori sembrano conoscere sempre tutto di se stessi e del tempo in cui vivono, dichiarandosi coscienza del mondo, mettendo in fila i fatti e riuscendo a illuminarne le pieghe più oscure, Clarice Lispector ci ricorda che c’è anche un altro modo di fare letteratura, dove sia chi scrive sia chi legge può fare avventura del mondo in maniera più complessa".

 

E' quello che ritroverete nell'interessantissimo saggio di Campione, alla fine del volume, dal titolo "Il mistero della scrittura" dedicato al tema della trance dello scrittore, della dissociazione creativa, dello spossessamento dello scrittore, della scrittura automatica nel surrealismo, del mistero dell'ispirazione nella poesia e della prosodia.

 

Nei libri fondati sulla coscienza - dice su questo Zucco- e quindi sulla riflessione, il mondo è dato, il tempo dei fatti narrati è già trascorso, la verità si è già compiuta per cui allo scrittore non resta che scegliere i fatti, e poi sezionarli, polverizzarli, passarli a setaccio, riorganizzandoli in una fitta rete di senso e cercando di ricondurre le più piccole particelle dei fatti accaduti alla ragione. Eppure la ragione, l’intelligenza, la coscienza, sono coperte troppo corte per riuscire a coprire l’inesauribile dispiegarsi della realtà che accade. Non solo il mondo, nelle sue innumerevoli forme di vita e nelle infinite combinazioni della materia,sfugge alla nostra comprensione, ma perfino le nostre azioni non risultano mai completamente trasparenti a noi stessi. Anzi, capita sovente che la nostra ragione, così limitata, così approssimativa, ci renda ciechi rispetto a quanto avviene sotto i nostri occhi. Non è un caso se Marcel Proust, iniziando "Contro Sainte-Beuve", formuli quel celebre attacco, «Ogni giorno attribuisco minor valore all’intelligenza».

Da questo punto di vista Misteri di Guglielmo Campione fa parte di questo genere di libri: libri non solo fondati sulla riflessione dell'io, ma sull’esperienza, che è sempre la premessa di qualsiasi forma di coscienza. Ciò significa che scrivere, qui, ha a che vedere con il rappresentare la realtà, ma anche col farla accadere.

Per intenderci - scrive ancora Zucco - immaginate un bosco. Immaginate lo scrittore avventurarsi dentro un bosco fitto e brulicante di una vita misteriosa. Immaginate il suo timore e tremore. E ora, immaginate che il bosco non esista già ma che si formi man manom che egli lo scrive. Nei libri fondati sull’esperienza, è il movimento quasi incosciente di chi scrive a generare i personaggi, il loro spazio e tempo. Così che non c’è più un io che dice io, ma il corpo di chi scrive che vibra al vibrare del mondo che egli crea scrivendo. Ecco cosa desidera chi, scrivendo, calando le difese, si abbandona all’esperienza della realtà che accade. Non il dominio dei fatti, né il distacco della ragione. Ma il panico, lo stupore!"

Ci sono luoghi dove la ragione si perde e subentra il mistero. Terre magiche, in cui abita il dubbio che avvolge le cose reali. Sono regioni difficili da attraversare col pensiero, ma anche gli unici spazi in cui l’intelletto ha l’occasione di attraversare lo spazio che separa la percezione soggettiva delle cose dalla loro essenza reale. I racconti presentati da Campione in questo volume sono un po' questi luoghi:  spazi misteriosi fatti di parole. Così una lettera d’amore, un dialogo surreale, una visione nel deserto, un viaggio fantasmagorico o una metamorfosi diventano “storie” che mettono in discussione i limiti della conoscenza e finiscono col divenire un vero e proprio tribunale della ragione, il Luogo dove la ragione processa se stessa, tra realtà, mistero e leggenda, attraverso racconti che stimolano l’innata tendenza umana a travalicarne i confini.

Valga per tutti quello che l'autore dice a proposito del mistero del Fato: "Spesso una lunga serie di fili, coincidenze, dimenticanze, affinità, dissintonie, conducono all'evento clou in una catena di eventi misteriosamente interdipendenti tra loro. Mi son sempre chiesto come si va incontro al destino. Forse attraverso i dettagli? D'altronde si sa che, come dice il proverbio, per un sol punto Martin perse la cappa. Che cosa dunque conduce attraverso le coincidenze, le dimenticanze, la catena delle scelte e degli errori, all’evento cruciale di una storia? Quale mano ha creato quell'intreccio di fili con tanta destrezza e precisione? Sarebbe bastato un granello di sabbia per fermare quella ruota di eventi e invece... "

 

Genevieve Maltese, Milano 21 Agosto 2023