IL MISTERO QUESTO SFUGGENTE
CONOSCIUTO
Del
termine mistero conosciamo diversi attributi: arcano, cabalistico, criptico,
enigmatico, ermetico, impenetrabile, imperscrutabile, incomprensibile,
indecifrabile, inesplicabile, nascosto, occulto, oscuro, sconosciuto, segreto,
inesplicabile. Quanto rimane escluso dalle normali possibilità intuitive o
conoscitive dell'intelletto umano o ne preclude un orientamento ragionevole.
Quel
che provoca una reazione di incertezza talvolta ansiosa e penosa, talaltra non
priva di fascino.
L'etimologia
della parola mistero si riallaccia al latino mysterium, dal greco μυστήριον
(mystérion) = segreto, arcano, a sua volta da μύστης (mýstēs) = iniziato,
termine che trae origine da μύω (myō) o μυεω (myeō) = sto chiuso o mi chiudo.
Il termine greco Mysteria indica l'assoluta segretezza delle pratiche rituali:
secondo l' etimologia esso allude al fatto che chi partecipa a tali riti deve
appunto chiudere la bocca (myein) e non rivelare ciò che ha visto e ha
fatto.
Per i
Greci i Misteri erano infatti riti religiosi misterici che si celebravano
ogni anno nel santuario di Demetra , la dea della terra, nell'antica
città greca di Eleusi il più famoso dei riti religiosi segreti
dell'antica Grecia. Alla loro base vi era un antico culto agrario.
I
misteri rappresentavano il mito del rapimento di Persefone dalla madre
Demetra da parte del re degli inferi Ade, il dio dei morti, in un ciclo a
tre fasi; la discesa (perdita), la ricerca e l'ascesa di
Persefone e la riunione con sua madre. I misteri eleusini, come
l'orfismo e i misteri dionisiaci, avevano le loro remote radici a Creta e
in Asia. I riti, le cerimonie e le credenze furono tenuti segreti e
costantemente preservati dall'antichità. Per gli iniziati, la rinascita di
Persefone simboleggiava l'eternità della vita che scorre di generazione in
generazione, e credevano che avrebbero avuto una ricompensa nell'aldilà. Poichè
i Misteri coinvolgevano delle visioni e l'evocazione di un aldilà, alcuni
studiosi ritengono che il potere e la longevità dei Misteri Eleusini, un
insieme coerente di riti, cerimonie ed esperienze che attraversavano due
millenni, provenissero dall'uso di sostanze psichedeliche.
La
narrazione della grande tradizione mitologica antica di tutte le culture del
mondo e della tradizione fiabesca ha costituito la base per tutta la
letteratura del mistero configurandosi come letteratura del simbolo, essendo il
simbolo polisemantico e sfuggente per definizione, di non univoca
interpretazione e quindi non sempre indagabile in temini razionali e
scientifici dunque misterioso. Si pensi alla divinazione dei tarocchi: nel 1933
Carl Gustav Jung le definì "immagini psicologiche, simboli con cui si
gioca, come l'inconscio sembra giocare con i suoi contenuti. Esse si combinano
in certi modi, e le differenti combinazioni corrispondono al giocoso sviluppo
degli eventi nella storia dell'umanità".
La
letteratura esoterica ha attraversato diversi generi letterari spaziando dal
paranormale all’astrologia, dallo spiritismo alle dottrine orientali,con un
significato traslato che si riferisce a qualcosa di incomprensibile,
accomunando scrittori di fama come William Somerset Maugham, Jorge Luis Borges,
Dion Fortune, Honoré de Balzac e Novalis. I suoi ambienti sono le società
segrete come i Rosa Croce e la Golden Dawn, la Società Teosofica e i laboratori
alchimistici, i mondi sotterranei e le grandi capitali. I suoi temi vanno dalla
Qabbalàh ebraica ai Mondi ipogei, dall’Androgino alla lotta fra magia bianca e
nera e alle evocazioni del diavolo.
Alla
base del grande sviluppo dei nostri attuali racconti di mistero e paura ci sono
state, tra la fine del 700 e gli inizi dell'800 in Inghilterra, le Gothic
Novels, i “romanzi gotici”, che guardavano più al soprannaturale che al crimine
umano presentando già le caratteristiche del racconto di paura con
ambientazione in castelli e rocche abbandonati, spesso in Italia. L’Italia era
infatti considerata dagli scrittori inglesi come un luogo esotico, lontano,
dove era possibile che avvenissero strani fenomeni sovrannaturali.
Su
questa base nella cultura romantica successiva si sviluppò un forte interesse
per il mistero, in base alla sua tendenza all’evasione e all’amore per
l’eccezionalità: il mistero s‘associava a ciò che era ritenuto meraviglioso,
irregolare, magico e fiabesco, primitivo, ma anche e soprattutto orrido,
spettrale e notturno, caratteristiche che eccedevano la rigida normalità della
società abitudinaria e mediocre borghese e della sua razionalità calcolatrice e
strumentale. Tipica del romanticismo era non a caso la poetica della vaghezza,
il rifiuto di tutto ciò che si presentava come logico, chiaro e distinto.
Successivamente si sviluppò l'enigmaticità perturbante americana di Edgar Allan
Poe, maestro assoluto del mistero psicologico. Da II gatto nero a Berenice, da
II crollo della casa degli Usher a I delitti della rue Morgue, le atmosfere
allucinate dei racconti del mistero si materializzavano nelle tavole ipnotiche
e sospese sul filo dell'irrealtà dell'artista irlandese Harry Clarke, tra i
maggiori illustratori del primo Novecento. Con la sua paradossale capacità di
invenzione, Poe indagò le zone d'ombra nascoste dietro la normalità apparente
delle nostre esistenze e diede vita a inquietanti discese nei recessi più bui
dell'animo umano. E mentre episodi misteriosi, indizi fuorvianti e dettagli
sinistri si intrecciavano in un inesorabile meccanismo narrativo, l'autore
spingeva con lucida sottigliezza fino al limite che separava ragione e follia,
lasciando in bilico i lettori - esattamente come le figure avvolte
dall'oscurità di Clarke - tra il fascino e l'orrore di una realtà costruita
sulla soglia dell'incubo. Seguì con lo sviluppo della scienza medica ,
psicologica e criminologica forenze il racconto del segreto, nel genere giallo
e crime, approcciato con metodo scientifico come in Artur Conan Doyle l'autore
di Sherlock Holmes in cui il famoso investigatore usava il metodo deduttivo
scientifico scegliendo tra i molti possibili percorsi mentali quello che
mostrava maggiore coerenza. Nel 900 venne la nascita di un'altra grande
letteratura del mistero, quella della fantascienza che si è evoluta nel corso
dei decenni in fantascienza tecnologica(Asimov), sociologica (Dick) e distopica
fino ad arrivare alla recente letteratura cyber punk.
Severino
Cagnin fa notare che"se in una biblioteca verifichiamo anche solo i titoli
delle opere (la psicologia del linguaggio ci dice che sono spesso rivelatori
del mondo profondo e indice di una scelta culturale dell'autore), troviamo
negli indici annuali del mensile Letture un migliaio di opere che hanno nel
titolo il lemma mistero o uno analogo della medesima area lessicale, come
problema, buio, ombra, segreto. D'altronde il nucleo problematico in molti
classici come La montagna incantata di Thomas Mann, l'Ulisse di Joyce, La
coscienza di Zeno di Italo Svevo, Uno nessuno centomila di
Pirandello o Il maestro e Margherita di Bulgakov, i romanzi di Bernanos e
di Grahan Greene è il mistero del cuore umano.
In
Italia non è mai esistita una grande tradizione del racconto di mistero, se
escludiamo il genere fantascientifico, giallo e crime. Non c’è mai stato un Poe
o un Lovecraft per intenderci. Ci sono però stati scrittori che, all’interno di
una produzione letteraria più varia, hanno scritto anche racconti di mistero
come Dino Buzzati e Luigi Pirandello, oppure racconti di paura come Mario
Soldati, (Storie di spettri ,1962), Andrea Vitali (Parola di cadavere, 2011,
Stefano Benni (Cari mostri ,2015).
Carlo
Lucarelli è stato forse lo scrittore e sceneggiatore italiano contemporaneo che
ha trattato il tema del mistero in modo piu ampio, non solo scrivendo gialli,
polizieschi e crime, ma anche inchieste giornalisticche e politiche, (Mistero
in blu, 1999, Misteri d'Italia, i casi di Blu notte 2002, Nuovi misteri
d'Italia, i casi di Blu notte 2003, Misteri d'Italia di Blu notte 2008,
Pasolini, Un Segreto Italiano, 2015).
Secondo
Lucarelli la tecnica della letteratura del mistero deve osservare poche e
precise regole, con le dovute eccezioni e con infinite variazioni sul tema, e
non devono mancare tre cose: il mistero, il personaggio che indaga, il
personaggio che nasconde. Il mistero deve essere irrisolto, inquietante,
coinvolgente, originale e molto grave per cui la sua soluzione è urgente o imperiosa, una
questione di vitale importanza.
Nonostante,
come abbiamo intravisto, il termine mistero abbia molti significati e ambiti in
cui può svilupparsi e da cui può derivare, storicamente, da una certa epoca in
poi, chi sa perchè, la sua accezione è parsa limitarsi alla rappresentazione
dell'emozione e del pensiero della paura e in letteratura, cinema e tv quasi
solo al genere giallo, crime ed horror. In tal modo la letteratura misteriosa
viene in confinata e declinata solo nel romanzo di crimine come una suspense
story. Queste storie di mistero iniziano con un crimine come il conflitto
centrale e presentano indizi e sospetti in tutta la storia per consentire una
risoluzione finale con deduzione logica.
Come
sottolinea la psicoanalista Simona Argentieri:"Si potrebbe dire che la
paura è un problema comunque basilare, fisiologicamente e strutturalmente
immutabile, mentre cambiano semmai nelle varie epoche le paure nei loro aspetti
fenomenici e contingenti, limitati, ma non per questo meno significativi(...)
Il nostro organismo, nella sua indissolubile unità di psychè e soma, di corpo e
mente, continua a funzionare sempre allo stesso modo, e le emozioni – con tutto
il loro corredo di pallore, tremore, sudorazione – continuano a dominarci
secondo le stesse antiche leggi, sia che subiamo un incidente d’auto, sia che
facciamo un brutto sogno".
Ma il
mistero non è solo questione di paura.
E i
racconti di Misteri di Guglielmo Campione questo affermano: è molto, molto di
più.
Al
riguardo, molto opportunamente, Mirko Zilahy scrive opportunamente che “Il
mondo che viviamo, trabocca sempre più di mistero e la scienza e la letteratura
ne esplorano le tenebre immaginando linguaggi che raccontino, o spieghino e
verifichino, gli abnormi sprazzi di buio che ci attendono. Dalla nebbia carica
d’ombre che inghiotte milioni di anime e corpi in questo tempo liquido emerge
una domanda semplice e impossibile, banale eppure necessaria con cui avremo a
che fare, da uomini e da scrittori, per una lunga epoca a venire. Una domanda
eterna e insinuante. Che cos’è il mistero? Dove si nasconde, in quali e quanti
luoghi dimora il suo oscuro segreto? Quali spazi e che tempi dobbiamo indagare
per scovarne una minima traccia? A questo interrogativo più o meno consciamente
cerca risposta ogni essere vivente, e non, su questo pallido pianeta. E per
mistero non s’intenda una mera declinazione del culto ma la meraviglia,
l’angoscia e anche l’abisso. Perché ovunque si posi lo sguardo, là sta un
mistero, se non il Mistero. Nell’alto dei cieli o a migliaia di chilometri
sotto la crosta terrestre si cela quella domanda titanica, eppure ancora
invisibile ai telescopi e alle immagini del sottosuolo che ci offrono le onde
delle più potenti sonde geofoniche. L’astrofisica e la geologia indagano lo
stesso orizzonte delle umane lettere con il medesimo obiettivo: trovare il
mistero che le abita. E' solo il percorso che le divide – dove la scienza vuole
svelare, togliere il velo e gettare luce, la letteratura desidera ri-velare. O
ancora, la ricerca dell’alto e del basso si incontrano simbolicamente in un
mysterium coniunctionis, in un’immagine profonda che dimora nello scantinato
del nostro Io? L’uomo che ha smarrito il rapporto con l’inconscio in favore
della nuova bidimensionalità virtuale può quindi operare una sintesi e
rivolgere con gli strumenti della mente, dell’immaginazione, lo sguardo dentro
di sé. Perché laggiù, in fondo alle latebre più fangose della coscienza,
scopriremo la stessa sostanza di cui sono fatti i sogni siderali e le mere
ipotesi geologiche. E forse è dentro di noi che può avvenire la riconciliazione
tra quei due verbi di segno contrario, adoperando ciascuno i congegni di cui è
dotato al servizio del proprio mistero, come ci spinge a fare Carl Gustav Jung:
“Solo una cosa è utile: volgersi direttamente, senza pregiudizi e in piena
sincerità, verso l’oscurità che si approssima, e cercare di scoprirne il
segreto e ciò che pretende da noi”. E chissà se tornare a leggere dentro il
nostro personale abisso ci permetterà infine di leggere simultaneamente tutti
gli abissi possibili, cosmici e cavernosi in cerca della materia oscura da cui
discendono tutte le cose vive e tutte le cose morte di questo fantasmatico
multiverso".
In
questa antologia l'autore ha voluto dare il suo contributo al tema riunendo,
sotto il comun denominatore del mistero, 22 racconti inediti ed editi.
Il suo
merito, a mio parere, sta nel mostrare proprio l'aspetto multiforme del mistero
che non può esaurirsi, come si diceva, solo nella reazione umana della
paura.
I
misteri rappresentati in questi racconti sono, infatti, diveramente dal solito,
tanti e tutti diversi: dal mistero dei profumi e dei cibi afodisiaci a quello
degli enigmi psicologici posti dai sistemi degli antichi sistemi di divinazione,
dal mistero del destino a quello dei segreti e delle vendette trans
generazionali, dal mistero dei travestimenti del demonio a quello della
metamorfosi umane reali o metaforiche, dal mistero degli omicidi a quello delle
lettere anonime, dal mistero Paolino dell'Angelo travestito da viandante a
quello del viaggio esoterico nel labirinto del corpo, dal mistero del pranzo
simbolico rituale a quello dei poteri della mente sulla materia, dal mistero
dei desideri terreni dei morti a quello dei poteri medianici, dal mistero della
prostituzione sacra a quello dei luoghi senza tempo, dal mistero del confine
fra metafora e realtà a quello dell'essere scritto dello scrittore, il mistero
della trance creativa descritto nel saggio di postfazione dell'autore che
chiude il volume.
A tal
riguardo Giuseppe Zucco, citando la scrittrice Clarice Lispector, scrive:
"Non mi è facile ricordare come è perché ho scritto un racconto o un
romanzo. Dopo che essi si separano da me, anch’io mi sottraggo a loro. Non si
tratta di “trance”, sembra piuttosto che la concentrazione dello scrivere
annulli la coscienza di tutto ciò che non sia lo scrivere stesso. Sono
dichiarazioni sorprendenti. Quale scrittore, oggi, delle sue opere, direbbe che
non ricorda come e perché le ha scritte, che i propri libri sono un mistero,
poiché sfuggono alla sua comprensione e alla sua coscienza? In un’epoca come la
nostra, dove le librerie sono affollate di libri che raccolgono memorie e
storie realmente accadute, in cui gli scrittori sembrano conoscere sempre tutto
di se stessi e del tempo in cui vivono, dichiarandosi coscienza del mondo,
mettendo in fila i fatti e riuscendo a illuminarne le pieghe più oscure,
Clarice Lispector ci ricorda che c’è anche un altro modo di fare letteratura,
dove sia chi scrive sia chi legge può fare avventura del mondo in maniera più
complessa".
E'
quello che ritroverete nell'interessantissimo saggio di Campione, alla fine del
volume, dal titolo "Il mistero della scrittura" dedicato al tema
della trance dello scrittore, della dissociazione creativa, dello
spossessamento dello scrittore, della scrittura automatica nel surrealismo, del
mistero dell'ispirazione nella poesia e della prosodia.
Nei
libri fondati sulla coscienza - dice su questo Zucco- e quindi sulla riflessione,
il mondo è dato, il tempo dei fatti narrati è già trascorso, la verità si è già
compiuta per cui allo scrittore non resta che scegliere i fatti, e poi
sezionarli, polverizzarli, passarli a setaccio, riorganizzandoli in una fitta
rete di senso e cercando di ricondurre le più piccole particelle dei fatti
accaduti alla ragione. Eppure la ragione, l’intelligenza, la coscienza, sono
coperte troppo corte per riuscire a coprire l’inesauribile dispiegarsi della
realtà che accade. Non solo il mondo, nelle sue innumerevoli forme di vita e
nelle infinite combinazioni della materia,sfugge alla nostra comprensione, ma
perfino le nostre azioni non risultano mai completamente trasparenti a noi
stessi. Anzi, capita sovente che la nostra ragione, così limitata, così approssimativa,
ci renda ciechi rispetto a quanto avviene sotto i nostri occhi. Non è un caso
se Marcel Proust, iniziando "Contro Sainte-Beuve", formuli quel
celebre attacco, «Ogni giorno attribuisco minor valore all’intelligenza».
Da
questo punto di vista Misteri di Guglielmo Campione fa parte di questo genere
di libri: libri non solo fondati sulla riflessione dell'io, ma sull’esperienza,
che è sempre la premessa di qualsiasi forma di coscienza. Ciò significa che
scrivere, qui, ha a che vedere con il rappresentare la realtà, ma anche col
farla accadere.
Per
intenderci - scrive ancora Zucco - immaginate un bosco. Immaginate lo scrittore
avventurarsi dentro un bosco fitto e brulicante di una vita misteriosa.
Immaginate il suo timore e tremore. E ora, immaginate che il bosco non esista
già ma che si formi man manom che egli lo scrive. Nei libri fondati
sull’esperienza, è il movimento quasi incosciente di chi scrive a generare i
personaggi, il loro spazio e tempo. Così che non c’è più un io che dice io, ma
il corpo di chi scrive che vibra al vibrare del mondo che egli crea scrivendo.
Ecco cosa desidera chi, scrivendo, calando le difese, si abbandona
all’esperienza della realtà che accade. Non il dominio dei fatti, né il
distacco della ragione. Ma il panico, lo stupore!"
Ci
sono luoghi dove la ragione si perde e subentra il mistero. Terre magiche, in
cui abita il dubbio che avvolge le cose reali. Sono regioni difficili da
attraversare col pensiero, ma anche gli unici spazi in cui l’intelletto ha
l’occasione di attraversare lo spazio che separa la percezione soggettiva delle
cose dalla loro essenza reale. I racconti presentati da Campione in questo
volume sono un po' questi luoghi: spazi
misteriosi fatti di parole. Così una lettera d’amore, un dialogo surreale, una
visione nel deserto, un viaggio fantasmagorico o una metamorfosi diventano
“storie” che mettono in discussione i limiti della conoscenza e finiscono col
divenire un vero e proprio tribunale della ragione, il Luogo dove la ragione
processa se stessa, tra realtà, mistero e leggenda, attraverso racconti che
stimolano l’innata tendenza umana a travalicarne i confini.
Valga
per tutti quello che l'autore dice a proposito del mistero del Fato:
"Spesso una lunga serie di fili, coincidenze, dimenticanze, affinità,
dissintonie, conducono all'evento clou in una catena di eventi misteriosamente
interdipendenti tra loro. Mi son sempre chiesto come si va incontro
al destino. Forse attraverso i dettagli? D'altronde si sa che, come dice
il proverbio, per un sol punto Martin perse la cappa. Che cosa dunque conduce
attraverso le coincidenze, le dimenticanze, la catena delle
scelte e degli errori, all’evento cruciale di una storia? Quale mano ha creato
quell'intreccio di fili con tanta destrezza e precisione? Sarebbe bastato un granello
di sabbia per fermare quella ruota di eventi e invece... "
Genevieve Maltese, Milano 21
Agosto 2023