Di due artisti cosí diversi per studi, ruolo professionale e religioso, tecnica artistica, materiali, colori, stili, richiami teologici e letterari o psicologici e introspettivi, é compito arduo scrivere.
Entrambi figli della magica millenaria Terra Lucana, giá affrescata nei suoi ipogei dai monaci Basilani Bizantini in fuga dal furore iconoclasta dell'imperatore Leone III di Costantinopoli prima del X secolo e attraversata da un arcaica spiritualitá pur non cristiana di derivazione greco pagana, come testimoniato dalla ricerca antropologica internazionale, Padre Tarcisio Manta, Frate, Sacerdote cristiano cattolico e pittore e Piero Ragone, giornalista Rai e direttore tecnico del montaggio video per 40 anni , scultore di pietra geologicamente antica, condividono nelle pur evidenti diversità di estrazione, età, competenze, tecniche e soggetti della rappresentazione un comune anelito alla ricerca spirituale interiore e introspettiva che si fa Arte.
Questo comune passaggio della ricerca artistica attraverso lo Spirito e dello Spirito attraverso l'espressione artistica di entrambi , é un motivo indubbiamente valido per dare ragione di una mostra pubblica comune e unificata dal luogo di appartenenza in senso culturale, e dal locus stesso dell'esposizione.
Di Padre Tarcisio Manta ebbi giá a scrivere anni orsono quando ebbi la possibilitá di vedere i suoi affreschi pittorici del Cantico delle creature di San Francesco d'Assisi, di per sé documento storico artistico importantissimo in quanto considerato la piú antica opera poetica della Letteratura italiana di cui si conosca l'autore. La Divina commedia venne redatta infatti solo successivamente dal 1304/07 al 1321, mentre il Cantico fu composto intorno al 1224. Secondo una tradizione, la sua stesura risalirebbe a due anni prima della morte di Francesco, avvenuta nel 1226 anche se pare piu probabile che sia stata scritta in tre momenti diversi.
Come sottolinea Chesterton, Francesco ha anticipato tutto quanto vi è di più tollerante e largamente condiviso nella mentalità moderna: l’amore per la natura, l’amore per gli animali, il senso di solidarietà sociale, il senso di pericolo che la prosperità e il possesso rappresentano a livello spirituale.
Tutti temi ripresi da Papa Francesco nell'Enciclica” Laudato sii “, che a mio parere va considerato il più completo importante testo di analisi storico sociale e spirituale del nostro tempo , anche in campo laico, dopo il concilio ecumenico Vaticano secondo voluto da Papa Giovanni XXIII.
D'altronde sin dalla sua origine, la Teologia ascetica Francescana ispirò l'arte figurativa e letteraria e venne percepita nella sua rivoluzionaria grandezza tanto da riflettersi ben presto nella pittura di Giotto e nella poesia di Dante, cosí come nelle sacre rappresentazioni che stanno alla base della moderna drammaturgia.
Del ciclo pittorico del Cantico di Padre Tarcisio Manta scrissi che le principali cifre distintive e originali della rappresentazione di Francesco che mi avevano impressionato erano il capo chino, il sorriso equanime e la posizione delle mani, in evidente risalto su tutto, del suo FFrancesco.
É necessario premettere che si tratta solo di mie considerazioni di studioso che non hanno nessun intento eretico né dissacratorio o provocatorio a riguardo delle opere di Padre Manta e della figura del nostro adorato Santo Francesco ma al contrario intendono semplicemente sottolineare quanto il suo messaggio abbia un valore semmai ecumenico e universale e quanto arrivi lontano il suo messaggio mistico di fratellanza al di lá delle differenze fra culture e credo religiosi del mondo.
Le mani sono “l’organo degli organi” come le definì Aristotele : un’espressione questa che ben descrive la particolare caratteristica della mano di essere oggetto metamorfico costantemente in potenza (nell’accezione Aristotelica del termine), capace cioè di trasformarsi nell’immediato, in atto. La potenza del suo tatto hanno in sé l’universalità del movimento, capace di potersi inserire nell’infinito utilizzo di oggetti predisposti dalla natura.
D'altro canto pensiamo come sin dalla nascita veniamo presi, afferrati, tirati, messi a contatto dall’esterno con la pelle di chi ci ha messo al mondo, che diventerà, nel migliore dei casi, un luogo d’amore e nutrizione. E ancora, gli strumenti da cui riceviamo le prime carezze e gesti d’affetto sono le mani, i mezzi che ci introducono nella dimensione del reale, che danno accesso alla particolarizzazione dell’affettività e all’identificazione di gesti simbolici e che possono creare o distruggere il mondo.
É grazie alle mani e ai movimenti pratici messi in atto da esse che il pensiero si rende a noi manifesto. Spesso la mano sostituisce persino la parola stessa. Pensiamo, per esempio, all’importanza del linguaggio dei segni, utilizzato con e tra le persone con sordità e/o mutismo.
Le mani poi ci svelano il “dietro le quinte” del nostro pensiero, quando mediante un atto volontario vogliamo intervenire nel mondo. Esse sono un canale diretto del pensiero: Kant definì le mani come “la finestra della mente”. Ogni emozione provata dall’essere umano è accompagnata da una gestualità, da un movimento specifico della mano e, pertanto, quest’ultima rappresenta un accesso diretto alla mente dell’individuo.
La cultura religiosa Budista e induista ha addirittura codificato una serie di posizioni delle mani attribuendole significati diversi di gesto simbolico o rituale: i Mudhra, la maggior parte eseguiti in particolare con palmo e dita che assumono determinate posizioni.
L’Abhaya Mudhra in sanscrito significa “assenza di paura”, ed è il nome di una delle più importanti mudrā, gesti o atteggiamento raffigurati nelle immagini divine.
Il gesto è fatto con la mano destra alzata con il braccio piegato ed il palmo rivolto verso l'esterno.
É questo, al di lá delle intenzioni coscienti del pittore Padre Tarcisio, un gesto coraggioso che simboleggia la pace e l’atto di dissipare la paura ad ogni livello che ricorre nelle sue rappresentazioni Francescane. Va tuttavia certamente considerato che il mostrare il palmo delle mani ha in Francesco un innegabile riferimento alle stigmate che ricevette in estasi sulla Verna.
Si tratta , a mio parere ,comunque, di un gesto molto antico, usato come segno di buone intenzioni. L’atto di mostrare la mano alzata e disarmata, indica ed evoca la pace e la calma.
Nell’arte Gandhara questo gesto per esempio è stato usato per indicare l’atto della predicazione e una leggenda narra che il Buddha un giorno incontrò sul suo sentiero un elefante infuriato e non appena gli mostrò l' Abhaya mudrā l’animale subito si calmò.
L'Universalitá di tale gesto , é sorprendente se pensiamo all'incontro di Francesco con il lupo per esempio o a come Padre Tarcisio pone quasi sempre le mani di Francesco aperte col palmo rivolto a chi osserva.
Dobbiamo pensare che quando, al contrario, le mani esprimono distruzione, i suoi gesti manifestano chiusura, costrizione, durezza. Il palmo in questi casi si chiude e non lascia spazio a possibili aperture. L'enfasi posta sui palmi aperti di Francesco assume oggi anche un monito al paradosso del nostro tempo in cui le mani, che per eccellenza creano relazioni, capaci di toccare corpi, esprimere delicatezza, vicinanza, conforto e anche il loro contrario, attualmente si pongono, invece, come i mezzi per alimentare una distanza, venendo usati solo per toccare schermi di computer e telefoni. Un’atrofizzazione emotiva che ci spinge ad accontentarci del sentire a distanza invece che il sentire attraverso il nostro tatto.
Il secondo aspetto del Francesco di Padre Tarcisio, é quello che io chiamo sorriso equanime.
Per equanime intendo soprattutto il suo aspetto di equità e misura che riflette una mente e un cuore calmo contrapposti alla smorfia labiale dell'iniquità, parzialità e faziosità riflessi di una mente e di un cuore arrabbiato e arrogante.
Come scrive Fabrizio Giuliani l'equanimità è una delle emozioni più sublimi della pratica buddista.
È il protettore della compassione e dell'amore.
Mentre alcuni possono pensare all'equanimità come espressione misurata segno di freddo distacco , l'equanimità matura produce invece un calore dell'essere una mente senza ostilità e malevolenza.
La parola "equanimità" traduce infatti due parole indiane Pali separate : upekkha e tatramajjhattata.
Upekkha significa "guardare sopra”, deriva dal potere dell'osservazione, l'abilità di vedere senza essere catturati da ciò che vediamo, dandoci un grande senso di pace.
Upekkha é anche vedere un'immagine più grande, "vedere con pazienza", "vedere con comprensione". Ad esempio, quando sappiamo di non prendere parole offensive personalmente, siamo meno propensi a reagire e rimaniamo a nostro agio o equanimi.
Tatramajjhattata é "stare al centro di tutto". "Essere nel mezzo" si riferisce all'equilibrio, al rimanere centrato nel mezzo di qualsiasi cosa stia accadendo. Questo equilibrio deriva dalla forza interiore o dalla stabilità. La forte presenza di calma interiore, benessere, fiducia, vitalità o integrità può mantenerci in posizione verticale nonostante le avversità del mondo e nostre interne.
L'equanimità è d'altro canto una protezione dagli "otto venti del mondo": lodi e biasimo, successo e fallimento, piacere e dolore, fama e discredito. Diventare affezionati o eccessivamente esaltati dal successo, dalla lode, dalla fama o dal piacere può essere un assetto per la sofferenza quando i venti della vita cambiano direzione. Ad esempio, il successo può essere meraviglioso, ma se porta all'arroganza, abbiamo più da perdere nelle sfide future. Divenire personalmente investito in lode può tendere alla presunzione. Identificandoci con il fallimento, potremmo sentirci incompetenti o inadeguati. Reagendo al dolore, potremmo scoraggiarci. Se comprendiamo o sentiamo che il nostro senso di benessere interiore è indipendente dai cosiddetti otto venti, è più probabile che rimaniamo fermi e centrati su di noi.
Il terzo elemento, caratteristico della rappresentazione di Padre Tarcisio é il capo chino di Francesco, piegato, quasi mai dritto. Mi ha fatto pensare, da medico, al chinarsi che è il gesto supremo della Clinica, il cuore della Clinica: clino è infatti in latino mi piego , mi inchino , mi abbasso , annullo differenze di posizione e statura ponendo la relazione su di un piano cooperativo orizzontale .
Come diceva Garcia Marquez, i cui racconti coloritissimi di rutilanti emozioni vitali ricordano per altro i colori vivacissimi e indios delle tavole di Tarcisio Manta , "ho imparato che un uomo ha il diritto di guardare dall'alto in basso un altro uomo solo per aiutarlo a rimettersi in piedi ".
Un comune atteggiamento clinico di cura del cuore , che nasce dalla tolleranza , dalla compassione e non dal giudizio e dalla condanna di guerra e violenza, di padre Tarcisio e San Francesco ,cosí urgenti oggi di fronte ai massacri palestinesi e alle perdite israeliane, russe, ucraine, sudanite, yemenite.
Anche Carlo Paolazzi scrisse che "Frate Francesco appariva nei dipinti di Tarcisio in atteggiamento estatico e contemplativo, con gli occhi chiusi e le braccia e le mani aperte ad accogliere ed abbracciare, nota umana che si fonde e si armonizza con il canto dell’intera creazione. E l’immagine di Francesco “fratello”, che nel Verbo creatore e incarnato vive la solidarietà universale, appare anche nei dipinti legati non al Cantico, ma ad altri momenti significativi dell’esperienza religiosa del Poverello di Assisi: le tavole del Conforto del lebbroso (n. 13), del Crocifisso che gli parlò (n. 14), dell’Abbraccio della croce con Chiara (n. 15), della Perfetta letizia (n. 1), della Pace (n. 7), delle Stimmate (n. 6).
Paolazzi scrisse anche d'uno stupore contemplativo del Francesco dipinto da Padre Tarcisio, forse riferendosi agli artisti che "sono i servi di Dio, i suoi giullari che devono commuovere il cuore degli uomini ed elevarlo alla gioia spirituale”.
PIERO RAGONE
Anche delle opere scultoree di Piero Ragone ho avuto modo di scrivere piu volte soffermandomi ogni volta su aspetti diversi che man mano andavano formando in me pensieri nuovi superando l ineffabilita apparentemente muta della pietra tufacea in assenza di colori. Un processo che ricorda quanto affermava lo psicoanalista anglo indiano Wilfred R. Bion a riguardo della formazione dei pensieri ma anche Gesú quando diceva che la pietra grezza diventerá pietra d'angolo, chiave di volta di tutta la costruzione : la percezione dei sensi, cosí come il materiale dei sogni e le emozioni sono pietra grezza ( elementi beta secondo Bion) che la cosiddetta Funzione mentale alpha trasforma in pensieri. La funzione Alfa svolge per la mente una funzione analoga a quella che l'apparato digerente svolge per il metabolismo del corpo. È la funzione materna per eccellenza che permette attraverso misteriose intuizioni di dare parola ai diversi suoni del pianto ,per esempio, in tal modo gettando le basi della prima alfabetizzazione emotiva.
Una Trasformazione della materia Psichica primariamente e arcaicamente ineffabile , come nell'inconscio non rimosso di cui scrisse Mauro Mancia,che si fa parola e nel caso della scultura di cui stiamo parlando , una forma artistica parlante.
Le sculture di Piero Ragone sanno di mistero ,di un mistero trasformativo.
Di una fatica di mani e unghie entusiaste (ενθουσιασμός) che parrebbe rischiosamente inutile nello scavare la pietra dura o piu friabile che la ragione direbbe essere solo un disordinato conglomerato calcareo figlio di stratificazioni casuali millenarie. Invece lo scultore, guidato dal suo coraggioso intuito del Mistero lí racchiuso, alla fine lo scopre e lo mostra.
Talvolta é un lavoro di sottrazione in negativo e non di apposizione e aggiunte, come Michelangelo per primo svelò.
Particolarmente celebri ricordiamo i suoi Prigioni fiorentini che proprio dal loro stato non-finito traggono una straordinaria energia, come se fossero colti nell'atto primordiale di liberarsi dal carcere della pietra grezza, in un'epica lotta contro il caos. I Prigioni fiorentini, in diversi stati di finitura, permettono di approfondire la tecnica scultorea che avviava il blocco tirando innanzitutto fuori la veduta principale e poi completando il resto scalpellando via il materiale circostante.
La diversa forma e consistenza della pietra tufacea dolce friabile ma intrisa di inclusioni, di altre misteriose gravidanze geologiche e della pietra leccese, più consistente e resistente ma più povera in inclusioni, testimonia della loro indistinta accoglienza da parte di Ragone come potenziali scrigni del Mistero e della sua consapevole non accettazione di esse come materiale di scarto perché in ognuna alla fine dello scavo puó manifestarsi una nuova Epifania.
In questo amore rispettoso verso la povertá della Pietra e verso la scarto, di cui Ragone mostra al contrario la bellezza e la fecondità, c'é tutta la sua vicinanza a Francesco e a Tarcisio Manta.
Questo é ció che ho percepito dinanzi a quella che per metodo ho definito produzione informale di Ragone in opere come "Scavo interiore, Identità celata, Inconscio, Erosione, Memoria implicita, Fremiti, Ricerca dell’io, In coscienza, Cilicio".
In altre opere è evidente una diversa tecnica , più aggiuntiva e appositiva connessa ad un diverso stato mentale dello scultore, orientato alla costruzione formale meno arcaica e piu definita di simboli, come la ricorrente sfera , il triangolo, le ali, la croce, che hanno piu sapore metafisico ed enigmatico esprimendo l'essenza intima della realtà cosi come la vede Ragone, una realtà che viene da lui interpretata più che descritta, anche quando sembra assumere forme naturalistiche.
É questo il caso di "Medium, Bios, Genesi , In bilico, In sieme, Diapason, Volo dell’ angelo, Sto come sfera , Pro creazione, Gemmazione, Unione, Rotazione,Buco di memoria, Principio dell esonero e Paradigma del sé".
In queste opere é all'opera un Ragone meno “archeologo” e più “artista concettuale”che scopre fenomenologicamente il liscio e il rugoso, il cavo e il pieno della pietra e ne fa, junghianamente e Taosticamente metafore del maschile e del femminile, del chiaro e dello scuro. Egli scopre la relazione fra numeri e simboli, i conflitti e le lacerazioni inconsce con l' Anima e l'Ombra, dentro la pietra, dentro di sé e tra sé e il mondo.
L’Ombra, per Jung è una parte della personalità e raccoglie tutti quegli aspetti che non si desidera conoscere e che si è propensi ad attribuire agli altri: è la nostra ombra che vediamo negli altri, che proiettiamo al di fuori di noi stessi, non accettandola e scindendola. Conoscere la propria Ombra, questo alter ego negativo, serve ad evitare di dividere il mondo in bianco e nero, in io “buono” e mondo “cattivo”, a renderci più disponibili al dialogo e all’autocoscienza.
L’Anima, è, per Jung, la parte inconscia femminile nell’uomo, portatrice di una serie di caratteri legati all’irrazionalità, alla sensibilità e al sentimento della natura e da essa dipende il modo con il quale l’individuo si rapporta proprio col femminile.
Fellini, che era stato in analisi con Ernest Behrnard, citando Jung, disse che era molto interessato al rapporto che l'uomo ha con la propria parte femminile, come fosse una parte oscura in cui spesso teme di veder naufragare la luce della sua lineare razionalità e che invece una volta conosciuta ,non più temuta e combattuta, può integrare in sé, diventando un essere completo. L'essere umano trova così la propria strada per la realizzazione personale, divenendo realmente individuo, dotato di una propria peculiare personalità.
Nelle opere "Medium, Bios, Genesi In bilico, In sieme, Diapason, Volo dell angelo, Sto come sfera , Pro creazione, Gemmazione, Unione, Rotazione, Buco di memoria, Principio dell’esonero e Paradigma del sè" , é possibile vedere giustappunto questo lavoro di ricerca e di scoperta di Ragone più psicologica e concettuale che pare anelare sempre alla ricomposizione finale delle dualitá nella totalitá Platonica della sfera, cosí ricorrente nella sua produzione e vicina al senso religioso dell’Ut unum sint.
Scrivendo di mani umani potentemente trasformative e creative, quelle di Padre Tarcisio e Piero Ragone, non posso che chiudere questa mia riflessione con le parole di Papa Francesco, nella Preghiera Cristiana con il Creato, con cui si conclude la sua meravigliosa Enciclica “ Laudato sii” :
Ti lodiamo, Padre, con tutte le tue creature, che sono uscite dalla tua mano potente.
Sono tue, e sono colme della tua presenza e della tua tenerezza.
Laudato si’!
Bibliografia
G.Campione , https://guglielmocampioneracconti.blogspot.com/2018/02/il-francesco-di-tarcisio-manta-nel.html?m=1
G.Campione, https://guglielmocampioneracconti.blogspot.com/2022/12/ilmistero-sacro-della-pietra-di-scarto.html?m=1
Moreau, J. (1973). Aristotele, Opere biologiche, a cura di Diego Lanza et Mario Vegetti (Classici della Scienza, n° 16),
Kant, I., Che cosa significa orientarsi nel pensiero, Adelphi, 1996.
Poggi, I., & Caldognetto, E. M., Mani che parlano: gesti e psicologia della comunicazione, Unipress, 1997
F. Giuliani ,Equanimitá , https://fabriziomeditation.com/it/pages/libri-suggeriti
Carlo Paolazzi" ll Cantico di frate Sole, parole ed immagini di Tarcisio Manta"Edizione ad uso privato, Mezzolombardo 2015.
Fellini F, intervista televisiva, Teche Rai ,1965
W.R.Bion “ Apprendere dall”esperienza, Armando editore.
Jung.C.G, Psicologia dell’Inconscio,Boringhieri.
Mauro Mancia in Giuseppe Craparo e altri "Inconscio non rimosso e memoria implicita. Dialogo tra psicoanalisi e neuroscienze"
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