LA CAPA DI FERRO, 26 RACCONTI A SUD: seconda e nuova edizione 2025





                                      Foto by Fernando Stendardo

E' un nostro dovere civile mantenere vivo l'eredità culturale dei nostri luoghi natii. 

Capa di ferro è il soprannome con cui è stata ribattezzata la fontanella pubblica dell’acquedotto pugliese che dal 1914 zampilla nelle piazze e nelle stradine assolate della regione, dissetando bambini, grandi e animali nelle lunghe estati calde.
Una fontana di bronzo centenaria che prende il nome dalla parte piu importante del corpo: la testa, la capa come diciamo a sud, attingendo dalle lingue classiche antiche, il Latino Caput. Capa di ferro è Caput come è Caput il Faro: entrambi, chi con il suono e la vista dell'acqua, chi con la luce nella notte sul mare svettano sui nostri spazi Mediterranei. Cape di ferro nei Deserti assolati ma affollati e frenetici dei suk, delle strade e delle piazze: formicai popolati da gioco, ozio e fatica al contempo. Fari sui Deserti d'acqua solcata da barche, navi e popoli in fuga, oggi come ieri, e popolata oscuramente da miliardi di entità marine vegetali e animali, relitti che talvolta son tombe e da abissi abitati da specie aliene. 

C'è un peculiare esempio di Capa di ferro siamese in strada San Marco nel borgo antico di Bari che rappresenta una pietra miliare per la sua storia e per l'idea concreta e non certo virtuale di comunità. Sorge infatti nel luogo dove Bona Sforza, Duchessa di Bari e Regina di Polonia, sepolta nella Basilica di San Nicola, donò la prima acqua pubblica, realizzando un pozzo a disposizione di tutta la popolazione. Questa fontanella è l'unico esemplare esistente a 2 becchi: una versione del tutto particolare perchè accomuna e approvvigiona più persone contemporaneamente.
Un monumento unico nel suo genere. Un modello di pluralità nella distribuzione e condivisione dell'acqua. Le connessioni e i legami fra le persone in una comunità passavano infatti anche dall'acqua come elemento vitale, e dunque dalla fontana. Un messaggio di grande valore oggi che le relazioni comunitarie si sono fatte tristemente rare. 
La capa di ferro è infatti proprio un sacro simbolo di comunità, quel senso sociale che abbiamo purtroppo perso per inseguire le chimere dalle tecnologie americane, coreane e cinesi che hanno creato gli smartphone isolando di fatto fisicamente le persone con l'illusione della creazione di comunity virtuali.

In questa seconda e nuova edizione 2025 di ventisei racconti, la Capa di ferro rappresenta il simbolo universale della vita Mediterranea in strada, lì dove al Cairo come a Bari, a Gerusalemme come a Otranto, a Marrakesh come a Napoli, l'umanità vive, lavora, ama, gioisce, soffre e lavora tutto il giorno in strada sotto il cielo e il sole. 
In tutti questi luoghi, come ci ha insegnato Naghib Mahfuz, la vita della strada e dei rioni, i suoni e gli odori, le vedute carpite dalle finestre, gli oggetti, le dicerie, i sentimenti e le fantasie della gente sono gli strumenti attraverso cui il viaggiatore o il lettore può fare conoscenza delle forme e delle essenze che compongono, e infinitamente ripetono, il ciclo di nascita, vita e morte di tutta la realtà dei borghi e città bagnate dal Mare Nostrum. 
La strada qui si racconta attraverso la quotidianità dei suoi personaggi, realtà e fantasia di un mondo in cui si compenetra l'arcano della tradizione dei paesi del sud d'Europa e il moderno della civiltà occidentale. 
D'altronde chiunque voglia rintracciare la storia di una comunità, taciuta dalla grande storia, deve cercarla nella vita quotidiana della gente che in quei luoghi abita. Lì risiede la sua essenza: nelle attività, negli usi, nei modi di fare, nella spiritualità degli uomini e delle donne. 

 In questo libro la Puglia si fa archetipo rappresentativo di una realtà culturale che travalica i suoi confini geografici.

 Proprio per questo il lettore troverà anche descrizioni dettagliate di strade, chiese e luoghi - che riconoscerà però solo se ci è nato - ma raramente nomi identificativi di paesi e città. 

Il sottotitolo Racconti a sud sta per narrare per l'appunto il Sud quale propaggine Europea piú proiettata a Oriente e a sud ovest nonostante la coltre omogeneizzante della globalizzazione. 

I protagonisti dei Racconti a sud vivono il tempo in modo diverso da quello misurato dagli orologi: è il tempo della strada, fatto di momenti sempre quantitativamente e qualitativamente diversi tra loro, unici e irripetibili. E' il tempo esteriore dei mercati, un tempo di teatro e seduzione oltrechè di commerci, incontri e sguardi ma anche il lento tempo interiore di preghiere e processioni, amori, musica e paziente pesca in barca o dai moli. 

E' il Tempo della paziente attesa del Kairos, il momento giusto dei Greci per la maturazione di destini e frutti.

 I pensieri dei protagonisti di queste storie talvolta pare che nascano e mutino in inconscia sintonia con l'ambiente naturale in cui sorgono. Ci sono pensieri e disamori da maestrale, l'irrascibilità da scirocco, gli spleen da pioggia, le estasi da bonaccia, le penniche da canicola e controra. Un pensiero in sintonia con la luce del sole, della luna e le sue ombre e col vento e il mare, che non sente sempre l'impellenza dell'azione essendo alieno al tipico bisogno nord europeo di rivalsa della ragione sul loro ambiente ostile attraverso il calcolo, la costruzione e la volontà di potenza, come sottolineava il filosofo Franco Cassano nel "Pensiero meridiano". 

 Albert Camus scriveva: "Non esiste coscienza che nelle strade! Si è amputato il mondo di una parte della sua verità, di ciò che costituisce la sua permanenza e il suo equilibrio: la natura, il mare. In realtà la strada non ha abbandonato la natura perche la rivive per esempio col mare e nel mare sia per contatto diretto che per la pesca, il bagno o per il mutar delle stagioni delle luci dei colori dei cibi dei pesci e degli Uccelli(...) Io sono nato povero sotto un cielo felice, in una natura con la quale si sente un accordo, non un'ostilità. Io dunque non ho iniziato con la lacerazione, ma con la pienezza (E, 380). La povertà per le vie di Algeri infatti non era sola, ma sempre accompagnata dalla luce, dalla sua capillare pervasività. Un'esistenza a metà strada tra la miseria e il sole, nella quale sono le radici della rivolta e della misura:«La miseria mi impediva di credere che tutto sia bene sotto il sole e nella storia; il sole mi insegnava che la storia non è tutto. Cambiare la vita, si, ma non il mondo di cui facevo la mia divinità. (RD, 8) Questa presenza del sole e della luce ha regalato a Camus la «felice immunità » dal risentimento e dall'invidia, la bellezza generosa della natura lo ha per sempre liberato dalle patologie della mimesi: "Laddove i beni più importanti riescono ancora ad essere beni pubblici, accessibili a tutti, lì è possibile controllare l'invidia: il bel caldo che regnava sulla mia infanzia mi ha privato di ogni risentimento. Vivevo in strettezze, ma anche in una specie di godimento. Mi sentivo forze infinite: si trattava soltanto di trovar loro un punto di applicazione. La povertà non ostacolava queste forze: mare e sole in Africa non costano niente. Se un ragazzo ha conosciuto una ricchezza per godere della quale non era necessario avere del danaro, se la bellezza lo ha aspettato all'angolo di ogni strada senza chiedere niente in cambio, allora egli è libero per sempre dall'universo claustrofobico dell'accumulazione delle ricchezze private: un felice vagabondare in luoghi illuminati da una luce di tutti che sta nei ricordi delle infanzie meridionali".

Rosa Ventrella, ha scritto: "Era per strada che sin da piccolo cercavo conforto. Il mio rifugio. Quando avevo voglia di trovare euforia, lontano dai silenzi mesti di mio padre e mia madre. Quando cercavo solitudine perchè sentivo mio fratello come una presenza troppo ingombrante. Ed era ancora per strada che mi riversavo con lui, quando invece la sua gioia di vivere mi penetrava come una promessa di felicità eterna. La strada mi accoglieva anche quando non sapevo ancora di cosa avessi bisogno, nella speranza che qualcun altro me lo facesse capire. Inseguivo le albe e i tramonti per le strade della città . Vi cercavo l'amore, trovato una volta e poi smarrito, o il sesso o nella migliore delle ipotesi entrambi, il conforto dai guai e i guai stessi". 

Due civiltà distanti il Nord e il Sud che dovranno in futuro cercare di fecondarsi a vicenda se vorremo un Europa davvero rappresentativa di tutti e non solo, come ora, dei paesi del Nord: un tempo spazio che contenga al suo interno la ricchezza delle sue contraddizioni culturali tollerandole e arricchendosene invece che zittirle con l'abuso di potere tecnologico economico e militare omogeneizzante. 

Attraverso questi racconti, il lettore viaggerà incontrando personaggi, luoghi e tematiche tante quante solo la strada, intesa come agorà luogo elettivo della Polis, può mostrare. Dal professore di filosofia al pescivendolo, dal gommista al poeta, dalla sarta parigina al pizzaiolo, da Mimmo il bombolaro alla maestra elementare e al vecchio armeno. E ancora falegnami, barbieri, parroci, bidelli, poeti, angeli, contadini, mummie, venditori ambulanti, soldati, bambini in bici, pugili, santi e musicisti. Le chiese, i castelli, il mare e le spiagge, i sotterranei e i teatri, gli autobus e i cinema, i cimiteri e i lungomari, i moli e le scuole, i treni, i cancelli e i muri da scavalcare, i negozi di strumenti musicali, i garage e i sottani, l’atelier delle sarte, le alcove e i mercati, la campagna e le masserie, i jukebox e la focaccia, le feste da ballo e le bande musicali di quartiere. La vespa e l’ape piaggio, la barca e la bicicletta, la batteria e la chitarra, i dischi e la minigonna. 
 Un universo di pensiero talvolta anche magico, fatto di estasi e stigmate oltre che da riti di trance e musica che si ricollegano, per la loro tipica diversa visione della coscienza e della soggettività meno egoica e unilaterale, agli antichi riti greci dionisiaci ed eleusini; un universo dove la navigazione web convive oggi pacificamente con un immaginario fatto di masciare, fantasmi della campagna, fate della casa e lupi mannari nei racconti di strada dei ragazzi. 

Lungo un ideale arco narrativo di vita che parte dall'infanzia e l'adolescenza e arriva fino all'età adulta e alla vecchiaia, il lettore incontrerà, sfogliando le pagine di questi racconti, l’eros e la morte, il mistero e la paura, il rischio e l’amore, le risate e i pianti, la storia e la poesia, la cucina e la musica. E li incontrerà lungo la strada, quel grande palcoscenico a cielo aperto e grande scuola di vita a tradizione orale che a Sud guarda da sempre all'Oriente e all'Africa.


IL SOGNO DEL NEONATO GESÚ di Guglielmo Campione.

 


William Adolphe Bouguereau (1825-1905) dipinse Gesú che dorme tra le braccia della Madonna col capo e l'orecchio appoggiati sul suo seno.
Una nativitá,quella di Bouguereau, in cui il silenzio prevale: niente pastori, angeli,visitatori ,trombe, solo silenzio e sonno.
Che sta sognando questo Divino infante in braccio a Maria, mi sono chiesto ?
Sogna, come un bambino umano comune, la prossima poppata o forse sogna
l' eden amniotico prenatale dove regnava il silenzio, come nelle profonditá marine, rotto solo dal battito ritmico sempre uguale quello del cuore di Maria e della sua voce?

Come nel poema " La voce a te dovuta" di  Pedro Salinas del 1933, un poema della memoria:
"Sì, al di là della gente
ti cerco.
Non nel tuo nome,
se lo dicono,
non nella tua immagine, se la dipingono.
Al di là, più in là, più oltre ti cerco".(7)

Non  dunque l'uso del nome che verrà dopo, non la vista dell'immago di Maria, il suo sorriso e lo sguardo, una vista ad occhi aperti e messa ben a fuoco che sará possibile dopo mesi di crescita: ma solo l'ascolto della sua voce e il battito del suo cuore(4) percepito standole in braccio con l'orecchio sul suo seno come nel dipinto di Bouguereau.
L'Eden amniotico sognato é questo Oltre indietro nel tempo in cui
risuona solo "la voce a Te dovuta" e il ritmico battito del cuoredella madre.

L'essere figlio di Dio rende diverso questo sonno da quello di tutti gli altri neonati nelle braccia della madre?
É un sonno in qualche modo giá abitato dalla sua "differenza" da tutti gli altri neonati , dalla premonizione della strage degli innocenti per esempio e da quella della sua missione e della sua morte precoce giá lí scritta, secondo l'interpretazione che vide la culla come prefigurazione Agostiniana della Croce?
O é un sonno in cui Gesú bambino torna al liquido amniotico Mariano, l’oceano introiettato nel corpo materno, dove l’embrione Gesú nuotava come tutti gli umani come un pesce nell’acqua ?
La metafora oceanica, l’oceano come simbolo dell’infinito, dell’unità in cui le molteplicità si dissolvono e gli opposti coincidono, diffusa in tutte le tradizioni mistiche descrive la scomparsa dei limiti dell’Io. Tra i mistici cristiani ricorre spesso l’espressione: ”Io vivo nell’Oceano di Dio come un pesce nel mare”. Essa definisce una condizione permanente di quiete, calma, silenzio interiore e di infinitá senza confini.(5)

Poiché la domanda che genera questo saggio  non é enunciata per ottenere una risposta storica o documentale che si é consapevoli di non poter mai avere, puó apparire come una domanda retorica.Tuttavia, oggi, alla luce delle conoscenza che abbiamo sulla mente neonatale, essa puó interrogarci più che
duemila anni fa quando vennero scritti i Vangeli.
Allora si riteneva che i bambini ,infatti, non avessero giá una mente e non si poteva in alcun modo farsi domande simili.

 Oggi possiamo chiedercelo.

Luca (2, 40),si accontenta di dirci soltanto che "il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui".
Luca poi narra (13,2.11-16) che Maria e Giuseppe portarono il Bambino al Tempio di Gerusalemme quara-nta giorni dopo la sua nascita, per «offrirlo» a Dio.(2) Qui si chiude ogni riferimento all'infanzia Cristica.
Al Tempio incontrano per la prima volta chi profetizza la differenza di questo neonato rispetto agli altri. Simeone  profetizza la sofferenza di Maria e la profetessa Anna, un'ottantaquattrenne vedova che si trovava nel Tempio, identifica anch'essa pubblicamente il bambino come Messia.

É stata la psicoanalisi di due millenni dopo a formulare per prima la realtá della mente infantile prenatale, peri natale e neonatale. (6)
I Vangeli sinottici hanno fatto di tutto per sottolineare la differenza dell'uomo adulto Gesú,più che sottolineare i suoi tratti umani pur presenti e che per noi restano tuttavia il modo per sentirlo piu vicino: le sue paure, la sua rabbia, l'angoscia della fine incipiente nelle sue ultime parole " Padre allontana da me questo calice" e "Padre perché mi hai abbandonato?" o le pagine del Getsemani per esempio
, in cui Gesú é angosciato e suda sangue, (una specie di ematoidrosi da somatizzazione , in cui verosimilmente in preda al panico, esperiva affanno, sudorazione intensissima, bruciori, alterazioni, cardiopalmo e dolore cardiaco, forti vertigini, tipici sintomi psicofisici di agonia spirituale)
(...)Essendo in agonia, egli pregava ancor più intensamente; e il suo sudore diventò come grosse gocce di sangue che cadevano in terra. (LC,22:43-44)

Queste pagine evangeliche non a caso furono al centro del dibattito teologico sulla natura umana o esclusivamente divina di Gesú .Secondo alcuni studiosi infatti esse sono addirittura sospette di essere  estranee al Vangelo di Luca: alcuni copisti avrebbero apportato tale aggiunta nel II e III secolo per umanizzare fortemente Gesú e contrastare la dottrina cristologica di un Gesù esclusivamente divino.

Per tornare alla mente del Gesú bambino, bisogna sottolineare come fa G. Ravasi,che i Vangelli sinottici non si soffermano sulle particolaritá dell'infanzia, se non negli appena 180 versetti dei cosiddetti "Vangeli dell'infanzia" di Gesù, nei primi due capitoli di Matteo e di Luca(2): si accontentano di dirci soltanto che "il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui" (Luca, 2, 40), al massimo informandoci,con Giuseppe, che "andò ad abitare in una città chiamata Nazaret, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti:  Sarà chiamato Nazareno" (Matteo, 2, 23).
Luca poi (2,41-50) rappresenta l'unico episodio descritto dai vangeli circa l'adolescenza di Gesù dodicenne, in cui Egli si distacca dai genitori senza avvertirli,in certo qual modo disubbidendo loro,  e a loro insaputa inizia a seguire la sua strada intrattenendosi nel tempio di Gerusalemme con i dottori della Legge,meravigliati della sua conoscenza delle scritture, data la sua giovane età. Si sottolinea ancora una volta che Gesú, anche se era umano, non era come tutti gli altri umani.
Un episodio che racconta di una famiglia un po'strana,(i genitori,piuttosto distratti si direbbe, si accorgono addirittura un giorno dopo che Gesú non é con loro e ritornano al Tempio per cercarlo) imperfetta, ma proprio per questo piu vicina a noi,come sono tutte le famiglie umane.

Il lacunoso racconto del Gesú da bambino di Luca e Matteo, viene colmato solo dai racconti dei Vangeli apocrifi (8) che hanno ispirato tanta Arte Pittorica, in particolare dal Vangelo dell'infanzia di Tommaso e dal Vangelo dello Pseudo-Matteo (2). Sottolineano anch'essi la differenza del bambino Gesú da tutti gli altri bambini. Tuttavia essi sono, invece,a mio parere,  un'interessante testimonianza del fatto che ci si interrogava sin da allora sull'esistenza di un pensiero infantile di Gesú per quanto narrato in modo naive coerentemente con la mentalità dell'epoca.
Si tratta di un testo greco, giunto a noi anche in varie traduzioni antiche (siriaco, latino, georgiano, slavo, etiopico) dalla trama semplice ma sconcertante.(2)
Semplice, perché racconta atti e detti del piccolo Gesù tra i cinque e i dodici anni.Sconcertante in quanto ci offre un ritratto di Gesù come quello di un enfant terribile, capriccioso, arrogante persino coi suoi genitori.
Il catalogo di queste divine malefatte, che sono miracoli al contrario, è impressionante:  una paralisi, due morti e una cecità!
Paralitico diventa il compagno che aveva aperto un canale di uscita nella pozza d'acqua che Gesù aveva costruito, come fanno i bambini nei loro giochi; muore un altro ragazzo che l'aveva spintonato, ma si spegne anche il maestro che aveva bacchettato sulla testa questo scolaro inquieto; ciechi si ritrovano i compagni o gli adulti che non stanno dalla sua parte e lo accusano.
Sembra un bambino umanissimo che ,come tutti gli umani, vive la sua fase di onnipotenza infantile, in cui non dimostra empatia, non gli interessa quel che accade agli altri, è egoista, opportunista e superbo .
 Questo Gesú "apocrifo" , usa i suoi poteri sovraumani senza coscienza delle loro conseguenze.
È pur vero peró che il piccolo Gesù sfodera anche i suoi poteri divini risuscitando e guarendo, e vivificando anche dodici uccellini da lui plasmati col fango, rendendo potabile l'acqua di un torrente, aggiustando un asse per il lavoro del padre falegname
Giuseppe, rendendo impermeabile il manto di sua madre Maria per il trasporto dell'acqua, curando un morso di vipera del fratellastro Giacomo, moltiplicando il grano per i poveri, decifrando il segreto simbolismo della lettera greca alfa e così via elencando per un totale 
di 13 prodigi.
Il Vangelo dello Pseudo-Matteo riprende liberamente le due tavole narrative degli apocrifi su Gesú da bambino arricchendole di altri particolari inediti.( 2)

Su tutt'altro verso del ricordo sognato di quell'Eden infinito da cui il bambino Gesú proviene come tutti i bambini umani essendo vissuto in utero per nove mesi prima di essere partorito, c'é l'opposta leggenda ebraica dell'angelo che cancella al neonato il ricordo di quello che ha saputo in grembo. Noi oggi sappiamo che non é cosí.
Erri De Luca scrive che
"La leggenda sembrerebbe volerci dire che c’è da svuotare il sacco prima di nascere.
I bambini dentro la placenta sanno tutto il passato,le lingue,le avventure,pericoli e  mestieri.
Il loro  scheletro è diventato pesce ,rettile, uccello prima di fermarsi all’ultima stazione umana.
Lo sforzo di espulsione dal corpo della madre fa dimenticare tutto.
La rottura delle acque apre un varco che subito dietro si chiude dopo il tuffo nel vuoto.
Cosi è il mondo per chi viene da un grembo .
Il salto nell’asciutto produce azzeramento di tutta la sapienza accumulata nel sacco di placenta, si attecchisce forse meglio sulla terra dimenticando l'acqua da cui si proviene.
Sará spiaciuto anche a Gesú bambino dolorosamente non ricordare com’era stato al centro del corpo di Maria tra le ossa del suo bacino , le vertebre sotto il dondolo del respiro e i passi sulle scale in sintono col battito del cuore.
Che perdita passare a carne umana,risalire le epoche del corpo e giunto al culmine sull’orlo della soglia dimenticare tutto". (1)
Ma il corpo in realtá  ricorda piu della mente e del suo archivio nella memoria esplicita.
É quella che in psicoanalisi Mauro Mancia ha definito memoria implicita e che passa attraverso la prosodia, il tono e il ritmo della voce e del battito (4). Ancora una volta ,"La voce a te dovuta", non le sua parole ma il suo suono puro.
Un tempo era trascorso anche per Gesú dentro Maria.
Poi fuori di lí era cresciuto "presso" di lei".
E che dire del modo con cui Maria ha vissuto tutto questo ?
"Cristo è suo figlio, carne della sua carne e frutto delle sue viscere. Ella lo ha portato nell'utero per nove mesi e lo allatta al seno e il suo latte diventerà il sangue di Dio.Ella sente al contempo che Cristo è suo figlio, il suo piccolo, e che egli tuttavia è Dio. Ella lo guarda e pensa: “Questo Dio è mio figlio. 
Questa carne divina è la mia carne. 
Egli è fatto di me, ha i miei occhi e questa forma della sua bocca è la forma della mia.
 Egli mi assomiglia. È Dio e mi assomiglia!”. Nessuna donna ha avuto in questo modo il suo Dio per lei sola. 
Un Dio piccolissimo che si può prendere tra le braccia e coprire di baci, un Dio tutto caldo che sorride e respira, un Dio che si può toccare e vive(3).

Un piccolo bambino che sogna il Paradiso dell'Eden da cui tutti veniamo e dove torniamo.


NOTE

1.
De Luca E. “E disse”, Feltrinelli , 2011

2.
Ravasi G :  http://www.cultura.va/content/cultura/it/organico/cardinale-presidente/texts/Linfanzia.html

3
Sartre J.P., in "Bariona o il figlio del tuono" ,Testo teatrale, 1940.

4
Mancia M., Sentire le parole,archivi sonori della memoria implicita e musicalità del transfert, Bollati Boringhieri.

5
Campione G., Le comuni origini amniotiche della musica e della mistica , https://statidellamente.blogspot.com/2011/10/le-comuni-origini-amniotiche-della.html?m=1

6
A.Imbasciati ,Psicologia clinica prenatale babycentered, F.Angeli,2020

7
Pedro Salinas,
La voce a te dovuta",1933. 

8
Vangeli apocrifi, Einaudi.