Santina Favolla letto da Adriana Zanesi :IL MITO CHE OCCULTA/SVELA LA REALTÁ



5,0 su 5 stelle

Un lungo e articolato brano di antropologia culturale, questa favola pop, ricca di simboli e suggestioni mitiche che affiorano dall’inconscio collettivo di Campione, proiettando la propria linfa vitale ,junghianamente, nella memoria visiva del lettore.

 Lo sfondo è un Sud ideale che è occasionalmente Puglia, ma potrebbe essere la Sicilia o la Calabria, con la dovuta differenza di sfumature date dal modo variegato con cui le popolazioni autoctone seppero declinare gli innesti culturali e di civiltà portati da invasori che l’Autore ravvisa nei Greci, nei Bizantini, fino agli Arabi; ma la Puglia, come la Sicilia fu anche, in particolare, il feudo imperiale del normanno-svevo Federico II Hoenstaufen, a cui la cultura del Sud Italia deve tanto.

Questo romanzo breve ci presenta Santina, una figura di masciara (in Sicilia majara) non una semplice fattucchiera o indovina, ma “colei che fa accadere le cose.” 

La descrizione della protagonista esprime bene l’essenza di poteri “magici” che sfidano la superstizione, il suo concetto, in una civiltà materialista, la nostra attuale, fondata su postulati, quali la materia, non dimostrati, come la fisica contemporanea afferma ormai con convinzione.

 Santina, ignara di possedere quei poteri, si situa,nei primi decenni del 1900, tra le figure eterne delle Pitie e delle Sibille della tragedia antica, ne ha il crisma e l’ingenuità, diremmo oggi la diversità: una femmina che compete (non del tutto inconsapevolmente) con i maschi, vendendo ormai vecchia i propri inquietanti favolli cotti e stecchiti (i granchi di mare pelosi) al mercato del pesce

Una donna che (come Cassandra) sfida la mascolinità e la ragione, il mondo visibile (cioè illusorio) proponendo la misteriosa conoscenza degli antichi Caldei.

Conoscenza che, per Santina, si svela per bocca di un favollo, un granchio, che le parla....

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