CAPA DI FERRO RACCONTI A SUD : Recensione di Nando Stendardo

 



Se,come molti ritengono,ogni libro è un viaggio,la meta de "La Capa di Ferro di Guglielmo Campione è senz'altro il tempo,mentre l'ormai indispensabile navigatore che indica il percorso non può che esserne la memoria. 

Ipertrofica,spietata,a volte maniacale nella definizione dei personaggi e nella ricostruzione dei luoghi cari,essa è il vero fil rouge che lega tutte le storie facendole scorrere,sgravate da da ogni presunzione moralistica,veloci,leggere,briose,con la freschezza di un buon vino novello,perquanto, in alcune,in verità, finisca per permanere,se mi è consentita la metafora enologica,un sottile retrogusto che rimanda più al negramaro che al dolce primitivo.


Così, sono molti i momenti introspettivi,di profonda riflessione.


La varia umanità che popola le storie di Campione,altro non è che il vettore di sofferte istanze esistenziali,di crisi(crisis =scelta,decisione) che l'autore fa risolvere ai vari protagonisti in altrettanti momenti di crescita:dal primo impatto col mistero della morte,al sacro e salvifico vincolo dell'amicizia e,soprattutto al grande mistero dell'innamoramento e dell'eros cui Campione dedica pagine memorabili,di solito felici,a volte più sofferte( Achille,la caduta nel male oscuro,l'uscita dal roveto dolente...) fino all'invito a trasformare, comunque,ogni esperienza d'amore in una storia unica ed irripetibile.

Tutto pare proiettato come uno street-movie su un immenso,immanente palcoscenico di vita rappresentato dalla sua città natia,Bari: i quartieri,le strade,gli angoli,il lungomare,gli sciami vocianti delle bande di ragazzini che infondono coraggio e confortano l'anima in un infinito rassicurante abbraccio che avvolge tutti i protagonisti.


La città, così, non è solo un vecchio baule trovato in soffitta colmo di foto sbiadite,di coriandoli di vita,di storie,ma anche,soprattutto, un rifugio sicuro,l'utero materno dove il mare prospiciente è Il liquido amniotico che nutre e protegge l'autore.


Bari è l'isola del ritorno,l'Itaca di Ulisse.


Ma anche la casa sul confine dei ricordi dove Campione cerca e ritrova le sue radici e,come diceva Guccini,la sua anima vera.
Proprio per questo,se è vero che "il più grande dramma dell'uomo è che non ha memoria (G.B.Shaw), noi vecchi ragazzi ,da questo dramma,almeno,siamo davvero salvi!

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