IL POLPO E IL TESCHIO : 19 CANTI PER MIGRANTI E TRANSFUGHI recensioni di ANGELO PULPITO E MARCO PAPACCHINI

               












È un libro carico di dolore, di sentimento e soprattutto di tanta umanità. 
È costituito da poesie molto curate e profonde sulle migrazioni. Tutti immersi in un mare troviamo il bimbo salvato… ma anche tanti morti sommersi dai flutti… i defunti non sono uomini senza volto… sono padri, madri, figli… che lasciano dietro di sé un abisso di sofferenza. Sulle loro ossa nel testo troviamo persino delle variazioni sui Sepolcri di Ugo Foscolo.
Tra le onde le imbarcazioni sono tante ma alcune salvano, altre, incuranti, passano avanti… talvolta giungono in porti chiusi che incrementano la disperazione dei migranti… si fa ricorso “alla legge del mare che ispira eticamente e cristianamente il diritto navale internazionale”.  Altra sofferenza in questi uomini è determinata dalla promiscuità, dalla fuga dalla guerra, da un attesa inutile della persona amata…
Un Mediterraneo insanguinato rivive in questi splendidi e profondi versi dell’autore. 
Un libro sicuramente da leggere per riflettere

Angelo Pulpito

Quando la vita non riceve il rispetto dovuto, appare il niente in tutto il suo essere inerme. Privazione dei naturali diritti esistenziali fino all’assenza del respiro; e il dolore si libera nell’infinito della fine. Questo è il concetto che esprime Campione a proposito del tragico problema dei migranti. Scrive l’autore in una delle sue composizioni: “I vecchi non devono fuggire / devono restare seduti sulla soglia / a cavallo di due mondi / con la schiena protetta dal muro degli avi / e lo sguardo nello sguardo / dei ragazzi che li stanno a sentire”. Mi è piaciuta questa visione della vita che, attraverso il suo ciclo, dovrebbe ripetersi nel tempo attraverso il passaggio del testimone e che invece si interrompe, troppo spesso, a causa dell’egoismo umano.  È la dura legge di “Capitan Caino” (citazione da “Ode alla nave che passa avanti”) affiancato dal “capo che bacia i crocefissi”, con inevitabile riferimento alla politica italiana. 
Certo, il tema trattato è molto delicato. In Italia, come spesso accade, si è per una fazione piuttosto che per un’altra come allo stadio. Accoglienza sì accoglienza no, senza sapere le ragioni, i presupposti, le cause di tutto quello che c’è dietro un problema così importante. Vitale, direi, perché ne va della vita di troppe persone, nella maggior parte dei casi innocenti che cercano di migliorare la propria esistenza. Anche se, purtroppo, ho avuto modo di constatare che una buona percentuale di migranti non ha voglia di inserirsi nel paese ospitante e rimane indifferente alle proposte di integrazione . Sebbene questo atteggiamento mi rammarica e mi lascia perplesso, non faccio mai di tutta un’erba un fascio. Non divido il genere umano per colore, perché è necessario guardare sempre alla dignità dell’essere umano. 
Segue, dopo le poesie, un saggio breve,  in prosa, sul valore umano, sociologico, epistemologico ed esistenziale del mare Mediterraneo, diviso tra diverse culture storiche. È per questo che non può esserci una cultura dominante che decida anche per le altre. La metafora del mare come conoscenza e (stile di) vita si divide tra due personaggi cardine della cultura mediterranea: Ulisse ed Enea. Entrambi formano un cerchio che parte con il ritorno dell’uno e termina con l’andata dell’altro. Quasi uno spazio concettuale uroborico all’interno del quale si snoda la storia delle culture mediterranee che per gradi e nella storia si sono realizzate come in un colloquio. Il nostro tempo, invece, sembra segnato dall’ignoranza, ovvero di chi ignora che la diversità è ricchezza, una diversità che fa parte di quel cerchio storico culturale e vitale di andata e ritorno, tra Enea e Ulisse.
Nelle ultime pagine ancora un altro breve saggio sul filosofo Franz Rosenzweig, per un’analisi dello spazio geografico e mentale. Da quando l’uomo ha imparato l’aggettivo possessivo “mio”, è iniziata l’era dei confini, e dell’egotismo, dell’autorità fondata sulla forza e della sopraffazione. L’Europa ha fatto molta strada storica, civile, tecnologica, ma altrettanta ne deve fare sotto ogni profilo sociale e l’autore cita ancora il filosofo tedesco quando scrive “l’Europa incarna il progetto ideale  del dialogo fra culture”. Mi auguro che questa frase non rimanga soltanto una speranza, ma diventi una realtà a breve termine.

Marco Papacchini

Nessun commento: