Carezza: Giorgio De Chirico, Le consolateur, 1929.
L’arte serve anche a conoscere meglio se stessi: l’arte Metafisica di De Chirico, forse, ancora di più perché si arriva a riflettere sull’essenza dei significati attraverso un procedimento inusuale. Attraverso spazi silenti e ampi, spesso piazze semi-deserte con l’ausilio di qualche oggetto o soggetto, una statua, un manichino, su indicazione del titolo dell’opera, in De Chirico e nella sua pittura metafisica si esplora l’invisibile.
Qui lo spazio è addirittura annullato dalla grandiosa presenza di due uomini – manichino, col solo accenno contestuale del divanetto rosso su cui sono seduti e di uno sfondo vibrante di luce reso con pennellate filamentose. E’ un’opera di forte impatto visivo e comunicativo realizzata con una solidità di impostazione e una raffinata espressività pittorica e concettuale. Il manichino, emblema della spersonalizzazione, diventa per De Chirico soggetto di comunicazione universale, assume forme, abito e movenze di grande realismo e dialoga con noi anche senza volto. Qui giganteggiano le parti del corpo che interessano per raccontare stato d’animo e azione. Quel che appare sproporzionato è marginale rispetto al vissuto narrato.
L’uomo a destra manifesta inquietudine, atteggiamento ombroso e tristezza. Il ‘consolatore’ è leggermente ruotato verso di lui e pone la sua mano sinistra sulla spalla mentre con la destra gli carezza la sua, trattenendola. L’inventiva tutta di De Chirico è raccontarci il mondo segreto e invisibile dell’animo dei due personaggi, dal petto fino alle viscere, un mondo a colori con poche forme riconoscibili ed altre che riescono incredibilmente a narrarci il turbamento dell’uno e la maggiore tranquillità e forza del consolatore. In quest’ultimo infatti si riconosce un edificio turrito, una specie di cascata e forme rossicce a rilievo ben evidenziate. Nell’altro c’è un cielo che da sereno diventa nuvoloso, complesse forme geometriche che terminano poi in moti ondosi turbolenti. Qui è tutto lasciato alla nostra immaginazione e si sconfina nell’inimmaginabile; ma la posa, le luci, le ombre e quella pennellata vibrante e volumetrica ci raccontano perfettamente il valore di quella carezza, di quell’appoggio morale e spirituale che la persona in difficoltà sta ricevendo.
La compassione che nasce nell'animo nostro alla vista di uno che soffre è un miracolo della natura che in quel punto ci fa provare un sentimento affatto indipendente dal nostro vantaggio o piacere, e tutto relativo agli altri […].
-La carezza non è un semplice contatto, allora verrebbe meno al suo significato.
Carezzando l'altro, io faccio nascere la sua carne con la mia carezza sotto le mie dita. La carezza fa parte di quei riti che incarnano l'altro, fa nascere l'altro come carne per me e per lui.-
( Jean Paul Sartre)
Penso che una carezza offerta con cura, serva a spegnere l’inquietudine in chi accetta di riceverla e trova accoglienza proprio in quel semplice ma toccante gesto.
(Giacomo Leopardi, Zibaldone, 108,1)
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