Il Francesco di Tarcisio Manta nel ciclo pittorico del Cantico delle Creature . Un capo chino e un equanime sorriso . di Guglielmo Campione


                                       






La cifra distintiva della rappresentazione di Francesco nelle tavole del ciclo pittorico del Cantico di Padre Tarcisio Manta è il capo chino e il sorriso equanime che ricorda il caratteristico sorriso  equanime del Buddha . 

E chinarsi è il gesto supremo della Clinica , il cuore della clinica : clino è in latino mi piego , mi inchino , mi abbasso , annullo differenze di posizione e statura ponendo la relazione su di un piano cooperativo orizzontale . 

Come diceva Garcia Marquez, i cui racconti coloritissimi di rutilanti emozioni vitali ricordano i colori vivacissimi delle tavole di Tarcisio Manta , "ho imparato che un uomo ha il diritto di guardare dall'alto in basso un altro uomo solo per aiutarlo a rimettersi in piedi ". 

Un comune atteggiamento clinico di cura del cuore , che nasce dalla tolleranza , dalla compassione e non dal giudizio e dalla condanna  , pur nel comune aborrire guerra e violenza, che accomuna Francesco al "Francescanesimo" di Emergency, e Tarcisio a Francesco . 
Un "clinarsi clinico " che sorregge tutta l'opera di Emergency e Gino Strada come una visione profetica e che sorregge nello spirito l'altissima specializzazione ed efficienza -efficacia degli interventi sanitari : perchè amore é Charitas certamente ,ma nel terzo millennio è preparazione , professionalità , sapere scientifico e non improvvisazione giustificata e auto assolta solo dalla pur sacrosanta disponibilità e buona volontà. 

Un'analoga perizia tecnica di alto livello formale si riscontra nelle tavole di Padre Tarcisio , celebrazione vibrante e caldissima delle meraviglie dell'opera gloriosa del nostro Grande Architetto dell Universo .

Il Francesco di Tarcisio non si erge trionfante , dritto , come un' icona Cristica tradizionale ma asseconda le curve , si piega su chi è gia piegato , si fa curva sulla curva , pare guardare e invita a guardare il mondo dalla prospettiva del pittore che non s'accontenta del verismo o del realismo ma guarda al di là , con l'intelligenza del cuore  , delle separazioni e categorizzazioni della mente razionale. Francesco pare piegare il capo per vedere da un'altra prospettiva , un gesto tipico del pittore , dello scultore , del regista . 

Un sorriso, che proviene dall’intimità del cuore e che pare suggerire la via dell'abbandono fiducioso , il dono divino dello stato di grazia , di beatitudine , di devozione,  della fede come fiducia , dell'equanimità che si fa nel distacco dall'attaccamento cieco e nell'accettazione del proprio destino e dello scopo della propria vita.
La compassione e la gentilezza che fanno dire al Buddha che tutto è uno , tutto è interconnesso , ogni cosa è dipendente da un'altra : la compassione verso se stessi e i propri attaccamenti sono la via per la compassione gentile e non giudicante dell'animo altrui . 

L’uomo, in linea di massima, non conosce ancora cosa sia il sorriso aperto dell’anima. 

Egli si porta addosso, se non un malumore, almeno una “mancanza di buon umore ” e di “gioia esistenziale”, che fanno parte della sua natura.

Non ha tutti i torti; spesso, la vita non è allegra, né facile, né buona.

Ma, sovente, egli crede, pure, che i pensieri di vita superiore, la filosofia dell’essere, le verità metafisiche vadano affrontate quasi con cipiglio; con una concentrazione continua che pare possa aiutare a digerire l’essenza delle cose .

La via del Francesco di Tarcisio è la via del sorriso , un sorriso interiore come interiore è lo sguardo con gli occhi sempre chiusi all'esterno ma rivolti all'interno e le mani sempre aperte , grandi , sempre con i palmi rivolti verso il cielo.

La via di Francesco è nell'accettazione totale , nell'Amore senza condizioni , unico vero amore che non ti chiede di conformarti ma ti ama per quello che sei : la tenerezza è l'amore di chi non vuole nulla in cambio , l'amore gratuito , senza se . 

Le mani aperte , il capo chino , il sorriso equanime : segni di un corpo che si fa  cura e dunque PONTE fra gli uomini e fra cielo e terra. 

Un ponte per il dialogo e le sinergie fra le culture della cura e della spiritualità nel nostro tempo.

Il pontifex, fabbricatore di questa via-ponte fra persone , fra umano e divino e fra la vita individuale e quella collettiva .

Come dice Gialal Ad Din Rumi , grande mistico islamico Sufi, profeta dell'infinito amore e dell'infinita tolleranza: 
"Quello che facciamo e ci fa incontrare non è né nel mio campo né nel tuo : è in un terzo campo che è quello dell’incontro, un campo nuovo che costituiamo ex novo ".

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