Attorno al 1915, Luis Aragon e André Breton, studenti in medicina, interessati alla neurologia e alla psichiatria, hanno fatto propri i lavori di Pierre Janet, professore al Collège de France e, all’epoca, figura di spicco della psicologia. Nel suo saggio “Automatisme psychologicque” del 1889, Janet sosteneva il ruolo fondamentale dei traumi psicologici sulla frammentazione dello spirito e anticipava di poco Freud nell’affermare l’importanza dei ricordi subconsci nella quotidianità.
Su questa scia intellettuale e culturale, nel 1924, Breton formula il ben noto manifesto del surrealismo, definendolo “un automatismo psichico puro per mezzo del quale ci si propone di esprimere, o verbalmente, o per iscritto, o in qualsiasi altro modo, il funzionamento reale del pensiero. Dettato dal pensiero, in assenza d’ogni controllo esercitato dalla ragione, al di fuori d’ogni preoccupazione estetica o morale … “
I surrealisti, quindi, hanno cominciato a considerare la creatività automatica come una forma di attività artistica superiore, l’unica in grado di raggiungere la fonte della creazione poetica suprema, svincolata dalla tirannia della ragione, appellandosi a quel nebuloso universo subconscio tanto proclamato da Freud. Breton, in realtà, aveva letto solo documenti di seconda mano riguardo Freud e le sue teorie, anche perché lui, così come la maggior parte dei suoi colleghi, non conosceva il tedesco. Nel 1921, decise di fare un viaggio a Vienna proprio per incontrare il mitico padre della psicoanalisi, il quale però pare lo ricevette piuttosto sbrigativamente, liquidandolo con una compassionevole pacca sulla spalla. Nonostante la sua delusione, Breton sostenne la psicoanalisi, sopportando anche le forti e continue tensioni ideologiche tra il movimento surrealista e quello psicoanalitico.
I surrealisti, infatti, non hanno mai sposato uno dei concetti fondamentali della psicoanalisi, quello del complesso d’Edipo, definendolo come una ridicola uniforme per un astratto manichino. Era il sogno l’anima del surrealismo. Così Freud, consapevole e forse un po’ invidioso del crescente riconoscimento che questi giovani sobillatori stavano conquistando anche in virtù di alcune sue teorie, cominciò a intrattenere una fitta corrispondenza con Breton. L’argomento fondamentale del loro epistolario era la relazione tra sogno e creazione artistica e, pare, che il tono tra i due fosse sempre piuttosto teso, reciprocamente sfidante come fossero due duellanti calamitati da sentimenti contrapposti d’amore e odio, sempre in bilico tra l’ironico e il pedante. Breton fu comunque fino all’ultimo un ammiratore di Freud, pur mantenendo una certa distanza dalle sue teorie.
D’altro canto, anche la psicoanalisi è stata fortemente influenzata dal surrealismo. Jacques Lacan s’ispirò quasi certamente a Salvador Dalì nel suo famoso metodo della critica paranoica e gli stessi concetti di dialettica del desiderio, immaginario e inconscio strutturato sembrano ispirarsi in tutto e per tutto a due opere di Breton, L’Amour fou e Le message automaticque.
Paola Cerana
(1983)
Quest’estate trascorsa in Jamaica ho recentemente sperimentato ,più forse per un regalo del caso che per altro, un singolare e nuovo modo di sentire il rapporto con il fuori di me: pioveva sia in me che al di là di me,un fulmine nella notte poteva diventare l’immagine d’un modo di conoscere, l’afa e l’acqua trasudante dal corpo fungevano come un unicum percettivo in grado di ignorare i confini corporei e la delimitazione convenzionale degli stati fisici in favore di uno stato di benefica oscillazione beneficamente insicura e foriera di nuovi stimoli .
Su questa scia intellettuale e culturale, nel 1924, Breton formula il ben noto manifesto del surrealismo, definendolo “un automatismo psichico puro per mezzo del quale ci si propone di esprimere, o verbalmente, o per iscritto, o in qualsiasi altro modo, il funzionamento reale del pensiero. Dettato dal pensiero, in assenza d’ogni controllo esercitato dalla ragione, al di fuori d’ogni preoccupazione estetica o morale … “
I surrealisti, quindi, hanno cominciato a considerare la creatività automatica come una forma di attività artistica superiore, l’unica in grado di raggiungere la fonte della creazione poetica suprema, svincolata dalla tirannia della ragione, appellandosi a quel nebuloso universo subconscio tanto proclamato da Freud. Breton, in realtà, aveva letto solo documenti di seconda mano riguardo Freud e le sue teorie, anche perché lui, così come la maggior parte dei suoi colleghi, non conosceva il tedesco. Nel 1921, decise di fare un viaggio a Vienna proprio per incontrare il mitico padre della psicoanalisi, il quale però pare lo ricevette piuttosto sbrigativamente, liquidandolo con una compassionevole pacca sulla spalla. Nonostante la sua delusione, Breton sostenne la psicoanalisi, sopportando anche le forti e continue tensioni ideologiche tra il movimento surrealista e quello psicoanalitico.
I surrealisti, infatti, non hanno mai sposato uno dei concetti fondamentali della psicoanalisi, quello del complesso d’Edipo, definendolo come una ridicola uniforme per un astratto manichino. Era il sogno l’anima del surrealismo. Così Freud, consapevole e forse un po’ invidioso del crescente riconoscimento che questi giovani sobillatori stavano conquistando anche in virtù di alcune sue teorie, cominciò a intrattenere una fitta corrispondenza con Breton. L’argomento fondamentale del loro epistolario era la relazione tra sogno e creazione artistica e, pare, che il tono tra i due fosse sempre piuttosto teso, reciprocamente sfidante come fossero due duellanti calamitati da sentimenti contrapposti d’amore e odio, sempre in bilico tra l’ironico e il pedante. Breton fu comunque fino all’ultimo un ammiratore di Freud, pur mantenendo una certa distanza dalle sue teorie.
D’altro canto, anche la psicoanalisi è stata fortemente influenzata dal surrealismo. Jacques Lacan s’ispirò quasi certamente a Salvador Dalì nel suo famoso metodo della critica paranoica e gli stessi concetti di dialettica del desiderio, immaginario e inconscio strutturato sembrano ispirarsi in tutto e per tutto a due opere di Breton, L’Amour fou e Le message automaticque.
Paola Cerana
(1983)
Da un punto di vista concreto e occidentale si facevano buona compagnia la teoria della specializzazione emisferica delle funzioni cerebrali di Roger Sperry (emisfero sinistro logico e razionale dominante analitico lineare orientato sequenziale e un emisfero destro intuitivo analogico sintetico simultaneo immaginativo , i concetti di polarità conscia e inconscia e maschile femminile) , i suggerimenti del tempo particolarmente afoso e temporalesco e la passione per la scrittura e il disegno.
Per la scrittura direi che essa è corpo e ,per ciò stesso, essa sta in rapporto con l’elemento incorpoeo psichico come tutto ciò che porta il peso e l’inerzia della materia.
Cosi essa può farsi pesante sotto il peso di un’anima gravida dei vari vissuti o farsi arzigogolata e barocca simultaneamente ad un essere lezioso e mellifluo dell’anima
Per far ciò la scrittura si presta all’anima nel suo discorrere per contenuti parole vocaboli e dunque convenzioni.
Si potrebbe dire che in quest’uso dello scrivere la comunicazione avviene ancora sotto il beneplacito della tendenza raziocinante emisferica cerebrale sinistra
D’altro canto il contenuto, il significato, la parte convenzionale del testo non è certo l’unico medium utilizzabile in scrittura : v’è cioè un parlare, un sussurrare sottile attraverso il ritmo e la melodia e dunque attraverso la musicalità del testo: un cantare la gioia e la melanconia attraverso un ritmo narrativo vivace o monotono.
La stessa musicalità d’altronde disegna figure nello spazio della mente e ciò per quanto arduo può essere possibile anche al di là di ciò che si sa avvenga in stati di coscienza modificati.
In questo riconciliarsi con micro e macrocosmo dove ogni immagine può avere una sua corrispondenza ed è finalmente possibile uscire dalla prigione umana dell’attribuzione antropocentrica di cosa a ciò che è inanimato , l’ascolto si fa attento e ossequioso e la vista torna a vedere.
Allora osservando un fulmine o un lampo noi ci riappropriamo di tutto ciò che esso è per sé stesso e per noi : un chiarore fra bui ,un presente tra passati e futuri, uno schiocco fra silenzi,un celeste fra neri e blu di prussia, e cosi ugualmente un’intuizione, un’ idea ,un flash back.
Quale più fedele mezzo per comunicare attraverso l’occhio e l’inchiostro personale che vuole trascendersi se non comporre l’immagine con la stessa brevità e velocità del fulmine?
Alla luce delle moderne teorie neurofisiologiche potremmo dire che l’emisfero sinistro viene by passato, cortocircuitato in favore dell’emisfero destro intuitivo e senza divisioni spaziali /temporali e che attraverso ciò il compositore e il suo interlocutore giungono prima e meglio al cuore delle cose.
Dopo LA SCRITTURA DEL FULMINE, ho sperimentato LA SCRITTURA SECONDO FLUSSO DI COSCIENZA (resa famosa da joyce nel suo Ulisse e, pur con le dovute differenza, da J.Kerouak nei “Sotterranei” ) richiamando l’archetipo e la forma universale dell’ immagine di eterno fiume .
Questo stile di scrittura risulta invece corrispondere simultaneamente e sincronicamente alla modalità di flusso continuo che l’ attività mentale segue nel suo originale prodursi.
Anche qui l’emisfero sinistro viene saltato insieme alla punteggiatura e con le regole sintattiche van via anche le eccessive pretese della mente- cocchiere e i cavalli dell’ anima ormai liberi corrono per il non si sa come si puo vedere nel breve esempio seguente :
“Sudare colare stillare pisciare erano quattro modi diversi di vivere sotto il sole tentando di non morire in realtà tutto era di acqua e questo grazie al fuoco che ardendo nel cielo tirava a se l’acqua dai nostri corpi attraverso intermedi stati vaporosi cosi pisciare non era affatto diverso da sudare e se lo era lo era per una pura questione di colore per il resto ve lo assicuro era proprio uguale ed era molto dolce vivere in rapporto col fuori cosi senza il senso dei confini interni proprio come senza pelle dentro e fuori e viceversa che tra passavano uno nell’altro osmoticamente e soavemente tu bevevi e dopo un po’ ti sentivi bagnato come se si fossero aperti nuovi canali fra vene e aria o fra lo stomaco e la pelle e riconoscevi la tua cara birra in goccioline calde stillarti dalla pelle o sberluccicare dall’uccello bocca stomaco e pelle come i suoi compagni avevano smesso di litigare infatti da un po’ ed ora non v’era ragione di fare a gara v’era solo da giocare con tutta quell’acqua circolante e in fin dei conti non v’era che da risentirsi bambini contenti di sguazzare nelle pozzanghere cic ciac schizzando dappertutto sui passanti ingenuità e simple minds in faccia a quei mille seriosi barboni che infestano di lame e coltellacci analitico logici il circondario di sogno che s’era creato e loro ad impazzire per cercare di capire sezionare riprovare sperimentare valutare analizzare ricondurre tutto e porre nessi vecchi strozzini e mangia vite dalle lunghe barba e gli abiti purulente macchie torbide da bandire e circoscrivere ed estirpare e ripulire poi con cerotti e arcobaleni azzurri elettrici e maliziosi viola folli rossi e divertenti bianchi frizzanti gialli per insegnare a ridere sempre e ad iniziare cosi ogni processo evolutivo mandando al diavolo le leggi e tutto ciò che non vuole la gioia di vivere con passione follia promesse e immediati tradimenti perche la velocita della mente non può che farci odorare proprio che pochissime coincidenze con quello che programmiamo coi bisogni della carne che vuole essere cucinata con poca o molta cipolla non so perche fischia l’orecchio della mano scrivente mentre da sinistra romba solitario un tram sferragliante a mezzanotte nella città bollente di puttane agli angoli delle strade e di finestre spalancate dove mille flash azzurri di televisori bombardano la via di melensi non sensi e di brodi di giuggiole lontani mille km da fantastiche e fantasmatiche cosce lunghe e abbronzate e rifatte più o meno un centinaio di volte all’officina estetica del così devi aprirle per piacere noi cosi vogliamo per fare quello che occorre si faccia e dunque disinserisci cara la parte cosciente del movimento e pure quella piramidale volontaria che non ci serve proprio più oh non so se rendo l’idea come potremmo basterebbe spalmarci di tanti creme caramelle e rotolarci nella crema gelida leccando giganteschi segnali stradali sgocciolanti di divieti trasgrediti e continuare la corsa ai vini più frizzanti e raffinati e più bianchi per arrivare a volerne proprio uno che sappia di neve e seppellirci cosi gatti ibernati e conigli da cucinare o mani bluastre da addolcire con baci gelidi e raggomitolanti fin nelle ossi di seppia del mistero tentacolare di ventose oceaniche avviluppanti e femminili”.
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