Il lungo Cammino del fulmine : una Mitopoiesi escatologica . Recensione di Adriana Zanese





Nel sottotitolo “la casa del mondo” è un'espressione già evocativa, mistica, rimanda a dottrine esoteriche di matrice orientale (ma tutto l'esoterismo lo è) alla Blavatsky;

e su un piano più razionale, secolare-laico, alla filosofia di Bergson; ancor prima, all'Aiòn di Platone: il tempo interiore, coscienziale, che non ammette delimitazioni cronotopiche, ma è spazio della mente compenetrata nel Tiamat primordiale della religione sumera, Io, non ancora individuale, immerso nella Consapevolezza Universale (i culti misterici di Atlantide).

 I versi liberi, prosastici di Campione richiedono una lettura attenta, sensibile, una cultura profonda.

Ogni frase, ogni parola propone un mondo da esplorare, una possibilità da dischiudere nel relativismo esperienziale che ci circonda. Sono ciottoli lanciati gentilmente ma problematicamente in uno stagno di ninfee alla Manet, verso la profonda risonanza di un'anima complessa.

“Navighiamo lungo il corso sotterraneo di pianti, lacrime e capricciosi maquillage”, “e l'incontro con il nostro interrogarci ci apre nuovi scenari dove celebrare la vita”. Uno sguardo sulla realtà, quello di Campione, che, con l'irresolutezza della sua materia, ci sfugge sempre e che dobbiamo sempre inseguire, cercare di afferrare.

“Parlo a me per parlare a te? Dove finisci tu?” Il poetare di Campione è in effetti analitica ricerca di sé e dell'altro, implica e sottende i rapporti interpersonali come ricerca del sé (una concezione base della psicanalisi).

Le “Giungle elettriche e le città di tombe abitate, e di cuori accerchiati da segnali lampeggianti” appaiono come l'ostacolo da vincere in questa perenne Attesa, che è metafora di molto altro, forse di una tensione escatologica, e che dà il senso alla vita, in questa dimensione.

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